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"AUGURI A..." Torricelli, una favola colorata di viola

di Stefano Borgi

Quando Moreno Torricelli arrivò a Firenze fu accolto con diffidenza. Capirai, una vita da juventino, addirittura una Champions League conquistata con le stisce più odiate... Poi bastarono 45', i primi nella partita d'esordio contro l'Empoli, ed il vento cambiò. Per sempre. Moreno Torricelli fu un tornado, una sferzata, una sorta di amore a prima vista, e da quel giorno lui e la curva Fiesole diventarono una cosa sola. Oggi Moreno compie 43 anni, vive ancora a Firenze e per lui la vita è stata una bella favola. All'inizio in bianco e nero, poi colorata di viola. Questo fino a due anni fa, quando è mancato il lieto fine. Per capire il personaggio Torricelli, per condividere il suo mondo, il suo dolore, le sue speranze, vi invitiamo a leggere un'intervista fatta dal sottoscritto allo stesso Torricelli, apparsa sul numero di novembre di TMW MAGAZINE.

Moreno Torricelli ci accoglie nella sua casa di Marignolle, alla periferia di Firenze. La giornata tiepida ci aiuta, il sorriso di Moreno ci rasserena. La location poi... piscina d'ordinanza, un panorama collinare, tre "meticci" che ci assalgono bonariamente. In casa (se possibile, più bella dell'esterno) la prima cosa che ci colpisce è un trono, costruito con corna di bufalo originali. "Gli indiani d'America sono una delle mie passioni - spiega Torricelli. Pensate che da giovane mi chiamavano Cavallo Pazzo, proprio in onore del grande capo indiano". Avrete capito che il personaggio non è ordinario, tutt'altro... La conferma arriva quando scorgiamo un pianoforte elettrico, un juke-box dell'epoca (in vetrina campeggia "Amico" di Renato Zero), ed un mobile pieno zeppo di CD. "La musica è l'altra mia grande passione - prosegue. Sono un patito di heavy metal, prima di scendere in campo mi caricavo con i Black Sabbath". A questo punto il titolo è fatto: "Torricelli, "rock" in campo e nella vita". Vediamo perchè...

Di lei si è parlato spesso come il protagonista di una favola. Le da fastidio?
"Sinceramente no. Però tengo a dire che nessuno mi ha regalato nulla. Certo, passare da magazziniere in una falegnameria a titolare nella Juventus può esser visto come una favola. Io preferisco considerarlo un esempio, un motivo di speranza per tanti giovani.  Poi, è ovvio, ci vuole anche fortuna..."

A proposito di favole, partiamo dal soprannome "geppetto"
"Quello fu Baggio a darmelo. Era il '92, Roberto aveva saputo dei miei trascorsi "operai" ed una sera in ritiro mi accolse così: "Ah, ecco geppetto. Vieni, vieni pure..." Comunque non era il solo, Trapattoni scherzando mi chiamava il falegname".

La favola vera, invece, quando comincia?
"A 9 anni. Seguivo mio fratello che giocava, ed un giorno il suo allenatore mi disse: prova anche tu, non si sa mai. Da lì cominciai ad allenarmi con i più grandi. A casa il calcio era una specie di religione: mio padre gestiva un bar ad Erba che era anche un Inter club, di conseguenza diventai interista. I primi idoli furono Altobelli e Beccalossi".

Poi si inizia a fare sul serio...
"Il primo allenatore vero fu Roberto Antonelli (ex centravanti del Milan della "stella" ndr.) Nella Caratese mi impostò da terzino, e mi spingeva a fare provini. A 15 anni lavoravo, la sera facevo allenamento e la domenica partita. Al tempo prendevo un rimborso spese di circa un milione e mezzo di lire mensili. Parliamo di serie D, un calcio semiprofessionistico".

Fino a quella famosa amichevole che le cambia la vita...
"Eh già, un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Era la primavera del '92, a 20 anni facevo il magazziniere in una fabbrica di mobili, la carriera per me non era un assillo. Mentre ero alla Caratese mi voleva la Pro Vercelli. Lì c'era un dirigente, un certo Roncarolo amico di Furino, che riuscì a farmi giocare un amichevole tra la Juventus e la Pro Vercelli. Per fortuna giocai con la Juve, fu tutto più facile..."

E Trapattoni che disse?
"Finita l'amichevole mi chiese di allenarmi una settimana a Torino. Emozioni particolari? Dissi tra me e me... godiamocela! Ma senza pensare al futuro. In fabbrica detti i 30 giorni, poi quando partii per il ritiro estivo mi licenziai. Ovviamente ero senza contratto, ma figuriamoci se facevo problemi..."

Le sue "prime volte" alla Juventus...
"All'inizio ero un pesce fuor d'acqua. Capirai, di colpo mi trovo a giocare con dei mostri sacri come Baggio e Vialli, per fortuna mi fecero sentire subito uno di loro. La prima partita fu all'Olympiastadion di Monaco per l'addio al calcio di Aughentaler, davanti a 60.000 spettatori. Andò benissimo, giocai con naturalezza, quasi con incoscienza. Ricordo la frase di Trapattoni: "O sei matto, o sei giocatore". Capito? Voleva dire... O non sei normale, oppure il calcio è il tuo mestiere. Quell'anno giocai 30 partite e vincemmo subito la coppa Uefa".

Due anni col Trap, poi arriva Lippi...
"Ci scontrammo subito, per colpa di una sigaretta. Lui era un maniaco della disciplina, ma dopo quell'episodio andò tutto liscio. Con Lippi ho vinto tantissimo, in Italia ed in Europa".

Se le dico 22 maggio 1996?
"Rispondo la partita più bella della mia carriera. Finale di Coppa Campioni a Roma contro l'Ajax. Vincemmo ai rigori e fui anche proclamato il migliore in campo. Ricordo che mi sorteggiarono per l'anti doping e nel corridoio incontrai Kluivert. Lui mi guardò, sorrise, e mi disse: "Ora ti sistemano loro". Forse pensava che mi avrebbero trovato qualcosa, e invece..."

Altra data, 26 aprile 1998...
"Juventus-Inter, quella del rigore su Ronaldo. Guardi, so dove vuole arrivare... Io la penso come Boskov: "Rigore è, quando arbitro dà". Non credo alla mala fede degli arbitri, e neppure alla sudditanza psicologica. Diciamo che con gli arbitri bisogna saperci parlare, per questo in una squadra sono decisivi gli uomini di personalità. Ecco: la differenza la fanno gli uomini, non il nome della squadra".

Però, qualcosa su quella Juve e sul doping ce la deve dire...
"Vi dico che in allenamento ci facevamo un c... pazzesco. Ma lo sa che con Ventrone (storico preparatore atletico di quella Juventus ndr.) facevamo anche 500 addominali in 15 minuti? E che la gente il giovedì vomitava per lo sforzo? Anche se non volevi, la tartaruga ti veniva per forza. E così le ho anche risposto sui muscoli sospetti di Vialli e Del Piero".

Due telegrammi, su Zeman e Moggi
"Zeman non dovrebbe parlare di situazioni che non conosce. Con Moggi, invece, non ho mai avuto problemi. Lui il grande burattinaio? Io non mi sono mai accorto di niente. E poi dico: ma le pare che se davvero il calcio era in mano a Moggi, gente come Berlusconi e Moratti avrebbero accettato di partecipare ad un gioco "manovrato"?

Nel '98 va alla Fiorentina. Da ex-juventino ci voleva coraggio...
"E non poco. Però avevo deciso, anche perchè dalla Juve mi mandavano via. E poi mi voleva Trapattoni. Sapevo che a Firenze avrei trovato un ambiente difficile, ma ero convinto che impegnandomi al massimo avrei conquistato il popolo viola. E infatti..."

Primo anno straordinario, senza l'infortunio di Batistuta avreste vinto lo scudetto?
"Forse il '98-'99 è stato l'anno migliore della mia carriera. Lo scudetto? Non credo, mancava qualcosa. Addirittura perdemmo 10 partite fuori casa... No, non eravamo ancora pronti".

Poi l'esperienza spagnola fino ai titoli di coda...
"All'Espanyol ho passato un anno e mezzo fantastico. Gli spagnoli hanno una cultura diversa dalla nostra: meno pressioni, minori tensioni, si vive meglio in tutti i sensi. L'ultimo anno fu all'Arezzo nel 2005, poi cominciai la carriera di allenatore. Dapprima gli "esordienti" alla Fiorentina, poi la Pistoiese in C1, per ultima la lega-pro a Figline nel 2009. Purtroppo queste ultime due società ebbero grandi problemi economici, altrimenti sarei andato avanti".

Se proprio dobbiamo trovare un neo, la carriera azzurra...
"Si, in nazionale potevo far di più. Però se mi guardo indietro ho disputato un europeo nel '96 ed un mondiale nel '98. Purtroppo con Sacchi avevo davanti Mussi, un fedelissimo di Arrigo. Con Maldini ero chiuso da Panucci. Alla fine ho giocato solo 10 partite, ma va bene così".

Risposta secca: Lippi o Trapattoni?
"Trapattoni. Per l'umanità e perchè gli devo molto. Se però si parla di metodi di lavoro, scelgo Lippi".

Baggio o Del Piero?
"Con Alex siamo cresciuti insieme, scelgo lui. Addirittura i primi tempi veniva a farsi i capelli a casa mia, mia moglie faceva la parrucchiera... Come numeri in campo, però, devo dire che Baggio era unico".

Vialli o Batistuta?
"Vialli tutta la vita. Guardi, per me Luca è stato il più grande con il quale abbia mai giocato. Un vero leader, dentro e fuori dal campo. Era tanto generoso quanto rompic... Voleva la palla sempre sui piedi. Però quando c'era da darti una mano era sempre il primo".

Una persona a cui deve dire grazie
"Don Giancarlo".

Prego?
"Don Giancarlo è stato fondamentale nel momento più difficile della mia vita. Due anni fa ho perso mia moglie Barbara per un male incurabile. Per me e per i miei figli sono stati mesi terribili. Don Giancarlo ci ha spiegato tante cose, le chiaccherate con lui ci stanno aiutando ad andare avanti. Come si reagisce ad un dramma simile? Guardando al futuro, sperando che toccato il fondo ci sia qualcosa di meglio".

A proposito di futuro, la prima cosa che farebbe per risolvere la crisi...
"Rispondo con una provocazione: toglierei le guardie del corpo ai politici. Chi è pulito deve andare in giro senza aver paura di nulla. Per il resto mi hanno deluso tutti, da destra a sinistra".

Ci dica allora cosa c'è nel futuro di Moreno Torricelli...
"Vorrei allenare. Adesso sono fermo perchè devo pensare ai miei ragazzi (i suoi figli, Arianna di 18 anni, Alessio di 13, Aurora di 12 ndr.) ma in futuro mi piacerebbe ricominciare. E' stimolante, è bello far "mentalizzare" 20-25 teste in un unico pensiero. Vediamo... Per ora vivo alla giornata".

Stefano Borgi


www.stefanoborgi.it
L'intervista a Moreno Torricelli apparsa sul numero di novembre 2012 di TMW Magazine