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BAGGIO & FIRENZE, 30 anni fa l'ultimo atto di una storia d'amore tormentato

di Alessandro Di Nardo
06.04.91, Firenze- Baggio

Ripercorrendo i 95 anni di storia della Fiorentina sono diverse le diapositive che il tifoso viola conserva gelosamente nel suo scrigno dei ricordi. Se lo apriamo e frughiamo tra le istantanee, possiamo vedere che due tra le immagini più iconiche portano una data comune, 6 aprile 1991.

Esattamente 30 anni fa infatti, al Franchi, si disputa un Fiorentina-Juventus destinato a rimanere scolpito nella memoria per quanto accaduto al di fuori del terreno di gioco. Si tratta infatti di una partita a parte anche per gli standard di una tra le rivalità più accese d’Italia, visto che quel Fiorentina-Juve sancisce il ritorno di Roberto Baggio a Firenze dopo il suo addio a dir poco burrascoso. Il Codino arrivato in viola poco più che maggiorenne, a Firenze era diventato Divino: cinque anni, i primi due passati in infermeria per due infortuni al ginocchio destro, gli altri tre vissuti da trascinatore di una squadra che pendeva dai suoi piedi; in particolare un rapporto speciale con la città che da sempre riconosce i grandi artisti, legame che trascendeva il semplice sostegno sportivo. Baggio rimette piede al Franchi da ventiquattrenne come stella più luminosa del panorama calcistico italiano. In mezzo mesi difficili, una rottura con la Fiorentina consumatasi lentamente tra giornali, contestazioni furiose e indagini giudiziarie. Nella querelle Baggio-Juve, cominciata ad inizio 1990 e finita poco prima dei Mondiali italiani, il fantasista (lo ripeterà costantemente anche a fine carriera) fa di tutto per far capire che lui da Firenze non si vuole muovere, smentendo qualsiasi contatto con la società bianconera. Poi il 18 maggio, proprio dopo un altro Fiorentina-Juve (finale di Coppa Uefa vinta in due gare dai bianconeri), l’annuncio: Roberto Baggio passa alla Juventus per 25 miliardi di lire, cifra record che risistema i conti della società viola. A Firenze scoppia la rivolta: la città che si era innamorata di lui ora è un’amante in collera e protesta con la proprietà, allora rappresentata dal presidente Flavio Callisto Pontello, in procinto di vendere il club a Vittorio Cecchi Gori. Baggio è costretto a raggiungere il ritiro della Nazionale a Coverciano sdraiato dietro una volante della polizia.“Ero circondato dal risentimento di quelli che avrei voluto fossero ancora i miei tifosi” dirà il trequartista qualche anno dopo. 

I due amanti si ritrovano a 323 giorni di distanza e le vibrazioni emotive del Franchi, in quel 6 aprile 1991, fanno sì che la partita passi completamente in secondo piano. Ad onor di cronaca la Fiorentina riesce anche a vincere grazie ad una gran punizione di Diego Fuser. La Juventus avrebbe l’occasione di pareggiare su calcio di rigore ma Baggio, che se lo era procurato, decide di non calciarlo. Che sia una decisione di squadra data dal fatto che, come sostenne l’allora portiere juventino Tacconi, l’estremo difensore viola Mareggini conoscesse troppo bene il tiratore o, come invece si mormora in curva, Roby non volesse segnare alla sua squadra del cuore, non ci è dato saperlo. Fatto sta che dal dischetto si presenta De Agostini, che si fa parare il tiro da Mareggini. 

Le due istantanee però, come detto, non riguardano direttamente il rettangolo gioco, ma si rifanno al momento in cui Baggio rientra al Franchi ed al momento in cui ci esce: la prima ci è regalata dalla maestosa accoglienza della Fiesole, che in una delle coreografie più iconiche di sempre disegna uno skyline viola di Firenze. Il messaggio può essere sintetizzato in “guarda che ti sei perso Roby”; le ombre del Duomo, del Battistero e di Palazzo Vecchio sembrano anche dare un altro messaggio per quell’artista del pallone: gli artisti vanno, le opere d’arte restano. 
La seconda immagine da consegnare alla storia coincide col momento in cui l’artista esce di scena: è il minuto 64’ e Maifredi toglie Baggio per inserire Alessio. Il Codino termina così un'ora abbondante di gioco in cui fa capire che quello sarebbe l’ultimo posto in cui avrebbe voluto essere (almeno con quella maglia addosso). Baggio esce, va verso gli spogliatoi e una sciarpa viola che piove dalla tribuna gli cade vicino ai piedi: il numero dieci la raccoglie e la porta con sé. Un gesto che colpisce per la sua semplicità e per un attimo cancella l’odio dei mesi precedenti e unisce, anche solo cromaticamente, per un istante di storia le due fedi, quella viola e quella bianconera: Baggio esce dal campo, sotto la Fiesole, e riceve l’applauso dei suoi ex-tifosi. Quel gesto racchiude il legame di Baggio con quei colori e lo riconcilia con la città che lo ha adottato.

L’artista Baggio continuerà a disegnare capolavori per altri 13 anni; varie squadre, tanti trofei ed il riconoscimento del Pallone d’Oro che lo consacra tra i più grandi di sempre. Non troverà però mai più una piazza che lo apprezzi così tanto come la Città d'Arte per eccellenza. E forse il traguardo più grande della sua carriera, di certo il più irripetibile, lo raggiunse proprio quel 6 aprile 1991: difficile infatti trovare qualcun altro che si possa vantare di essere uscito dal Franchi tra gli applausi ma con la maglia bianconera addosso.