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CHIESA FA, CHIESA DISFA

di Dimitri Conti

Tra i principali temi messi sotto il mirino della critica dopo la partita di domenica pomeriggio tra Fiorentina e Bologna, la prima della nuova gestione Montella in cui - purtroppo per i tifosi viola - però il motivetto è rimasto più o meno lo stesso che si udiva con Pioli, e c'è una vocina che di sottofondo grida "pareggio" per la sedicesima volta in campionato, c'è la posizione ideata e studiata dall'Aeroplanino per il principale talento a sua disposizione, Federico Chiesa.

Già nelle interviste del post-partita, il tecnico si era affrettato a fornire le sue precisazioni, specificando che la posizione di Chiesa non è stata, come in molti invece avevano pensato, quella del tornante di destra in un 3-5-2: "Non ha fatto lo stesso tipo di ruolo di Biraghi (in linea teorica il suo opposto sul lato mancino, ndr), non era questa la mia richiesta". Andando a vedere le heatmap e le posizioni medie in campo, infatti, si nota come la Viola sia stata invece schierata con un 4-4-2 che, grazie ad un'ibridazione generata dai movimenti di alcuni attori, a seconda delle situazioni avrebbe potuto tramutarsi in un 4-3-3. Un'elasticità che dunque inserisce Montella sulla scia di moduli intercambiambili tra loro già inaugurata da Sousa prima e Pioli poi.

Tornando però alla partita di Federico Chiesa, andando a visionare i dati ufficiali della gara forniti dalla Lega, si può tranquillamente che contro il Bologna il figlio d'arte abbia fatto e disfatto tutto a suo piacimento. Spulciando un po' i numeri, infatti, si nota come non a caso sia stato allo stesso tempo sia il giocatore ad aver creato più occasioni da gol di tutta la partita, quattro, che anche quello con più palloni persi in campo tra tutti, essendo stato scippato del possesso per cinque volte. Insomma, la prima versione di Chiesa proposta, ma anche richiesta, da Montella è quella di un esterno di centrocampo completo, che deve essere capace allo stesso tempo sia di garantire la sua propulsione offensiva, sia di poter dare una mano anche nella propria metà campo. Che sia davvero questo il modo giusto di valorizzare al massimo il talento più fulgido della squadra? Ai posteri, come spesso accade, l'ardua sentenza.