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COL CONTAGOCCE

di Andrea Giannattasio

Che il rapporto tra Federico Bernardeschi e Paulo Sousa non sia più idilliaco come lo era un tempo lo confermano principalmente i recenti numeri: al di là, infatti, della clamorosa esclusione di domenica scorsa a Palermo (il numero 10 non era al 100% ma aveva comunque ottenuto l’idoneità a poter scendere in campo da parte dello staff medico, visto che risultava tra le note), il talento di Carrara non gioca in campionato una partita di 90’ interi addirittura dal 22 dicembre scorso, quando la Fiorentina pareggio per 3-3 al Franchi contro il Napoli: praticamente, un’eternità fa. 

Da allora è passato moltissimo tempo ma per Bernardeschi le presenze in campo (benché costanti) si sono trasformate in apparizioni sempre più risicate, al netto ovviamente degli infortuni accusati alla caviglia tra febbraio e marzo: al di là infatti degli 80’ in campo contro Cagliari (1-0) e Sampdoria (2-2), ovvero il massimo minutaggio disputato in questo 2017, il talento viola ha quasi sempre accumulato uno spazio ridotto rispetto alle attese. La riprova, anche in questa circostanza, arriva dai numeri, se si considera che da gennaio ad oggi il classe ’94 ha una presenza media in campo di 62’ a partita, ovvero poco più di un’ora. 

Non certo un dato esaltante per chi, peraltro, in queste settimane è chiamato a valutare anche l’importante offerta di rinnovo che la Fiorentina gli ha sottoposto (prolungamento fino al 2022 con un ingaggio di 2,5 milioni più bonus) e a dare di conseguenza anche un indirizzo preciso alla sua carriera, tanto in ottica club quanto per quello relativo alla Nazionale. Un trattamento, quello riservato a Bernardeschi da parte di Sousa, che ricorda molto da vicino quello che anche Montella tenne nei suoi ultimi mesi viola nei confronti del numero 10, che prima di firmare il suo primo prolungamento con la Fiorentina nell’estate 2015 volle essere sicuro del cambio di guida tecnica. Che sia così anche in questa circostanza?