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DALLE OMELETTE AL RAPPORTO CON FIRENZE. VIOLA, RIECCO SOUSA

di Giacomo A. Galassi

C'eravamo tanto amati. Potrebbe essere questo il titolo di un film che racconti la storia di Paulo Sousa a Firenze, sponda Fiorentina. Perché la parabola dell'allenatore portoghese nelle due stagioni vissute tra il 2015 e il 2017 resta negli annali della storia del club viola e ritrovarselo di fronte domani con la sua Salernitana - squalifica o non squalifica - farà senza dubbio compiere un tuffo nel passato. 

Dalla famosa frase su Verdù "ognuno fa le omelette con le uova che ha" fino a quel gennaio che poteva portare la Fiorentina sul tetto d'Italia e invece portò solo Tino Costa e Benalouane sulle rive dell'Arno, per poi veder sfumare il sogno di un posto almeno in Champions. Il 4-1 all'Inter a San Siro con Kalinic e Ilicic resterà una serata storica, al pari del tracollo avvenuto nella stagione successiva con la sconfitta interna contro il Borussia Mönchengladbach in Europa League e l'ottavo posto in Serie A.

Paulo Sousa è stato l'emblema della discesa anche della passione della famiglia Della Valle per la Fiorentina: la sua seconda stagione coincise con il culmine del nuovo regime di autofinanziamento che poi ha portato al loro addio e alla cessione a Rocco Commisso qualche anno dopo. 

Termini come "basculante" o "emossionale" sono rimasti nel linguaggio e nell'immaginario collettivo di chi tifa viola, al pari delle tante decisioni e reazioni controcorrente che hanno reso la sua esperienza a Firenze indimenticabile, in un senso o nell'altro. Domani a Salerno la Fiorentina ritroverà Sousa, stavolta da avversario per la prima volta. E non potranno non saltare alla mente i tanti ricordi di quelle due stagioni sulle montagne russe.