DDV, Stringere la cinghia per 2 nuovi investimenti
Fonte: Ilrestodelcarlino.it
Da una parte un imprenditore, uno dei più grandi, in Italia. Dall’altra un sindacalista, esperto del settore auto per la Fiom Cgil. Da una parte Diego Della Valle, dall’altra Giorgio Airaudo, neppure troppo lontani, con qualche idea in comune, con la voglia di confrontarsi. Erano a Villa Vitali ieri, di fronte ad un’ampia platea, a intervistarli Giorgio Meletti, per parlare di diritti, di contratti, di modernità. Parole dure, decise, nel condannare certi atteggiamenti, certe situazioni passate che hanno portato alla crisi di oggi, a certi poteri di ieri che non hanno costruito nulla per oggi.
Duro e deciso Della Valle nell’affermare: "Non ne vedo più tante in Italia di grandi imprese private, il Paese è davvero indietro e dobbiamo essere realisti nel fare queste valutazioni. Di imprese pesanti, quelle che cambiano il Pil del Paese, non ne abbiamo più. I motori di chi ieri era è potente sono oggi deboli. Gli imprenditori hanno pensato a lavorare, altri avrebbero dovuto dire loro che cosa fare per affrontare il futuro. Le grandi imprese dovevano farlo gratis perché hanno ricevuto sostegno dallo Stato. Ce ne sono 10, 15, non serve fare i ‘nometti’. Si facevano dei giochini a casa nostra e ci siamo dimenticati che il mondo andava da un’altra parte. Oggi apriamo dei tavoli di ragionamento, dei pensatoi mentre il resto del mondo va a mille all’ora. E non ci sono più nemmeno i salotti buoni, quelli del potere vero, e gente che ha fatto una tale confusione che non hanno lasciato manco il salotto. Anzi, c’è qualche sindacato che sta prendendo quelle sembianze, di salotto buono, perdendo la propria identità".
E LE BANCHE, nel sistema che c’è, alcune delle quali secondo Della Valle meritano una buona sufficienza, quelle che hanno la struttura per essere definite internazionali e cercano di sostenere il sistema. E ancora, il sostegno al territorio, alla terra fermana che tanto ama, un pensiero al padre che "non era marchese" e l’ha fatto nascere e crescere in una fabbrica di scarpe, della zia che gli racconta della pensione, della gente della sua terra che lavora per lui perché certe cose, fatte in un certo modo, si possono fare solo qui: "Quello che facciamo è cercare di restituire un po’ della fortuna che abbiamo avuto, di ridarlo alla nostra terra e stringiamo la cinghia per aprire due nuovi stabilimenti qui a Fermo. Abbiamo chiesto di restaurare da soli il Colosseo perché ci sembrava la cosa giusta da fare e per noi è un onore farlo.Consiglio ad altri imprenditori di fare altrettanto, ci sono tante cose da fare, a Venezia, a Pompei, qui nel Fermano tante cose si potrebbero fare. La gente prima o poi ci chiederà conto di quello che abbiamo restituito loro del successo che abbiamo".
E ANCORA, un pensiero ai suoi operai, brava gente: "Certo, fossi operaio sarei molto arrabbiato, ci sono stipendi con cui non si vive e imprenditori che non possono aumentarli perché poi i soldi devono darli allo Stato che poi troppo spesso li butta". E ancora, il contratto di lavoro collettivo che non c’è più e non sempre è una buona notizia, la partecipazione a Confindustria che non ha tempo di frequentare: "Con crisi come queste ognuno si concentra totalmente sulle proprie cose, sul lavoro, e il tempo delle parole che poi non sempre si concretizzano non c’è. Temo che ancora non abbiamo visto il peggio di questa situazione, la gente è costretta a prendere quello che c’è. Pochissime nicchie di industrie ancora reggono a stare in Italia con alcuni prodotti, noi abbiamo deciso che alcune cose possono essere fatte solo qua. Bisognava dire a chi si è preso il denaro dello Stato, facendo finta che lo occupava nella ricerca e nello sviluppo, che avrebbero anche dovuto portare i risultati".
Un passaggio sul fotovoltaico, una cosa positiva che poi finisce per fare più danni: "Vengo da un mestiere libero, o sei bravo a fare le cose e a convincere gente nel mondo a comprarla o non esiste. Il malaffare che c’è non c’è solo da noi, in Italia c’è crescente leggerezza nell’affrontare le cose, si è abbassata la soglia della morale e dell’etica e poi si fa fatica a dire ai nostri ragazzi che una cosa è giusta o sbagliata".
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