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FISCHIA IL VENTO... DEL CAMBIAMENTO

di Redazione FV
Fonte: Pietro Lazzerini

Per una volta, i protagonisti assoluti della partita del Franchi non sono stati i giocatori in campo né i dirigenti sugli spalti ma bensì i fischi piovuti copiosi sulla testa di Sousa in primis ma più in generale all'indirizzo di tutto l'ambiente viola. Un vero e proprio concerto che si è unito ai cori contro l'allenatore, contro la dirigenza e anche contro i giocatori, rei di non onorare al meglio la maglia indossata sul campo di gioco. Una domenica tesa, dal clima incandescente, con Tello e Chiesa che al triplice fischio hanno sottolineato la difficoltà di giocare in uno stadio così arrabbiato. 

Paulo Sousa è ovviamente il catalizzatore della contestazione, non solo per la stagione ormai quasi priva di ogni emozione, ma soprattutto per un atteggiamento che lo porta costantemente a prendere la decisione meno vicina al pensiero di chi guarda e di chi incita la squadra dagli spalti. Tante volte è già accaduto di vedere il giocatore più in forma sostituito nel momento clou con motivazioni talvolta vicini alla presa per i fondelli. Ieri è toccato nuovamente a Bernardeschi, pupillo della tifoseria e al centro di questioni tecniche e di mercato. La sua sostituzione prima dell'assalto finale è apparsa come una vera e propria sfida, vinta sul campo grazie a Kalinic, persa fuori per il rapporto distrutto con tutti, da Corvino alla città passando per la società. 

Infuria la bufera ma fischia anche il vento del cambiamento. La scadenza a tempo del rapporto con il portoghese è ogni settimana più vicina. Dieci partite e poi sarà addio senza rimpianti, con Corvino che non sarà più costretto a fare buon viso a cattivo gioco nei confronti del proprio tecnico e potrà tornare a parlare senza il fine obbligatorio dell'unità d'intenti. L'Europa è più vicina solo sulla carta, di fatto tutti stanno già pensando al futuro. Compresi i tifosi, che non fischiano e non contestano per partito preso, ma per far capire che vivere una stagione così anonima e così piena di fratture interne, porta a un solo risultato finale: la separazione totale tra la città e la propria squadra.