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GENOVA, Se questo è calcio...

di Marco Conterio

Vien da chiedersi se i libri di storia non abbiano sbagliato davvero qualcosa. Perché quello andato in scena a Genova è Medioevo, è barbarie dell'intelletto e di ogni umana virtù. L'agguato al pullman della Serbia. Le recinzioni divelte, strappate, i fumogeni e le bombe carta, gli scontri ed i fermi, i passamontagna e gli oggetti contundenti. Fotografie di un calcio che speravamo fosse dimenticato, superato, passato. Se poi calcio si può chiamare. Se puoi sport, questo, può essere. Era il giorno del ricordo, dei caduti in Afghanistan. Era il giorno del silenzio. E' stata la notte in cui il mondo del pallone deve mettersi ad un tavolo e riflettere. Perché, così, non è lecito pensare di poter andare avanti.

Gli sguardi impauriti di Viviano e dei bambini sugli spalti, le espressioni inermi di chi aveva come unica missione quella di cantare per 90' gli inni ed i cori della propria nazionale, sono altre istantanee che arrivano dalla Liguria. No, non è neanche questa, la Serbia. Paese di grandi virtù, dai grandi valori, di grandi uomini. Quelli sugli spalti di Marassi, invece, sono appendice che stona ma lo fa, ahinoi, forte e chiaro. Vien da chiedersi, anche, perché con sè avessero petardi, fumogeni, oggetti contundenti, perché siano stati fatti sbarcare in Italia e perché ancora in gabbia, non quella del settore ospiti di Marassi ma in una vera, non ci siano già.

Nossignore. Questo non è sport. Questo manipolo di vandali non è altro che un gruppo di delinquenti. Che con lo spirito serbo, che con l'umana concezione di valori e rispetto, non hanno niente a che spartire. Che siano presi provvedimenti, duri e forti. Che rifletta, e non solo, anche chi ha permesso a questi barbari di invadere Genova. Questo è Medioevo, altro che calcio.