G.IACOBELLIS, Terzo round: che delusione
ll ricordo di Giacomo Iacobellis, giornalista per Firenzeviola.it da settembre 2014, di Fiorentina-Juventus 0-1 del 2013/2014. Ci sono un italiano, un tedesco e un portoghese a Madrid. No, non è una barzelletta. E' semplicemente il mio racconto della sfida tra Fiorentina e Juventus del passato 20 marzo 2014, gara di ritorno degli ottavi di finale di Europa League. Ormai da qualche mese mi trovavo nella capitale spagnola per motivi di studio. Lontano da casa in una città accogliente, ma quel giorno particolarmente fredda e distante. Era davvero strano osservare i madrileni passeggiare spensierati per le strade, senza la minima idea di quanto la partita di quella sera potesse significare per un cuore viola come il mio. Ai miei occhi, non si affrontavano infatti solamente Fiorentina e Juventus. Era piuttosto uno scontro tra bene e male, tra plebei e patrizi, tra umiltà e presunzione, tra chi sogna e chi invece è abituato a vincere. Le mitragliette di Tevez e Pogba erano ancora ben impresse nella mia mente, così come l'umiliante 0-5 della Fiorentina targata Delio Rossi: brutti ricordi che nemmeno il 4-2 firmato Rossi-Joaquin di quel 20 ottobre già passato alla storia era riuscito a spazzar via. Qualificarsi ai quarti di Europa League battendo la Juve e avvicinandosi sensibilmente alla vittoria del primo trofeo dell'era Della Valle: io ci credevo.
Ancora prima di superare il modesto Esbjerg, l'idea di incontrare i bianconeri per ben tre volte in soli undici giorni (9, 13 e 20 marzo) mi aveva contemporaneamente intimorito, incuriosito ed esaltato. “Per la legge dei grandi numeri – mi ripetevo e mi auguravo – riusciremo a vincerne almeno una su tre”. Condannati da un gol di Asamoah in campionato, il gol segnato a Torino da Mario Gomez nella gara europea di andata ci permetteva invece di scendere in campo con un vantaggio non indifferente alle 19:00 di quel 20 marzo. La tensione era tanta che avevo il bisogno di condividere tutto ciò che provavo. Come avrei potuto tenermi dentro quell'esplosione di emozioni? Dovevo lottare insieme alla mia squadra, volevo udire da vicino il ruggito del Franchi. E così decisi di trasformare qualche amico internazionale in sfegatato compagno di tifo e casa Iacobellis in una scatenata bolgia viola. Del tifoso occasionale non se ne parla un gran bene, lo ammetto, ma vedere quella sera un tedesco indossare la mia maglia biancorossa di Cuadrado e un portoghese disegnarsi un giglio sulla fronte fu comunque utile per non accorgersi per almeno un po' di tempo degli oltre 1.500 km di distanza che mi separavano dall'“Artemio Franchi”.
Ci siamo. Fischio d'inizio del signor Webb. In casa Iacobellis cominciano i cori tra spagnolo, italiano, fiorentino, tedesco, portoghese e chi più ne ha più ne metta. Fin da Madrid posso percepire l'aria elettrica che in quei concitati minuti di gioco si respira a Firenze. Boato del “Franchi”: Borja Valero inventa un passaggio in profondità per Gomez che incrocia troppo il tiro. La Juventus appare timida ed è la Fiorentina a costruire le occasioni da rete più importanti. Ci prova Pizarro, poi, in chiusura di tempo, è Ilicic ad avere sui piedi la palla gol più nitida per regalare ai viola un meritato vantaggio: disimpegno errato di Chiellini che serve involontariamente lo sloveno, Ilicic entra in area e tira... Sono pronto a urlare e saltare di gioia, ma il destro di Ilicic è completamente svirgolato e l'azione sfuma in nulla di fatto. E' un errore che mi tocca nel profondo, ben sapendo che contro squadre come la Juve non puoi permetterti di sbagliare niente. Le mie sensazioni a fine primo tempo sono comunque molto positive. Nell'euforia generale, i tifosi acquisiti mi chiedono di tradurre in spagnolo l'inno cantato da Narciso Parigi. Da parte mia accolgo la sfida senza esitare, ma confesso che la traduzione della parola “Garrisca” mi crea subito qualche problema. Ma non c'è più tempo per scherzare, il match riparte per un secondo tempo tutto da vivere. Adesso è la Juventus a dare l'impressione di poter far male da un momento all'altro. Vidal spedisce a lato di testa e poi ecco che avviene l'irreparabile. E' il 71' quando Llorente viene steso al limite dell'area da Gonzalo Rodriguez: secondo cartellino giallo per l'argentino e calcio di punizione per i bianconeri. Appena realizzo che alla battuta va Andrea Pirlo mi metto le mani tra i capelli. Persino Max il tedesco capisce quanto quella punizione possa essere insidiosa per la porta difesa da Neto, esclamando a gran voce “¡es como un penalty!”. Purtroppo Max ha ragione, perché Pirlo insacca la sfera in rete con un colpo da biliardo che appare semplice, ma che semplice non è affatto. Qualcuno scherza, qualcuno impreca, ma io mi ammutolisco. Il mio sogno di vedere Borja e compagni alzare la Coppa in terra nemica, presso lo Juventus Stadium, si sgretola. Il sigillo di Pirlo ha spento la luce e la Fiorentina è così costretta ad accettare la crudele sentenza, uscendo comunque a testa alta da un incontro in cui la differenza l'ha fatta la magia di un campione. Mi ricorderò sempre di quel 20 marzo 2014, giorno in cui ho ricevuto una delle più grandi delusioni della mia vita calcistica. “Come sarebbe proseguito il cammino europeo della Fiorentina se quella partita fosse finita diversamente e, soprattutto, se in campo ci fosse stato pure San Pepito, un fuoriclasse che le partite le vince da solo?” E' questo l'interrogativo che forse non smetterà mai di perseguitarmi.
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