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IL FINALE MIGLIORE

di Tommaso Loreto

Il finale migliore, una partita destinata a entrare nella storia del calcio, oltre 120 minuti che un maestro come Mario Sconcerti avrebbe riportato come nessun altro. Il trionfo argentino chiude il mondiale in Qatar, primo torneo autunnale di sempre, e quanto raccontato dal campo (spesso in modo entusiasmante, basti pensare alle imprese del Marocco di Amrabat) va in archivio insieme alle tante contraddizioni che ormai riguardano, in proporzione, qualsiasi latitudine del pallone.

Sarà che alla seconda edizione consecutiva da spettatori obbligatoriamente neutrali è più semplice limitarsi agli apprezzamenti, ma quel che è andato in scena ieri a Doha ha tutte le sembianze di un reset sportivo oltre che del climax perfetto. Come se dopo la partita di ieri il calcio moderno ripartisse comunque da zero. Nella sfida tra argentini e francesi si può leggere tutta la magia di questo meraviglioso gioco, trovare un senso evidente al perchè sia considerato il più bello del mondo e di conseguenza anche il più seguito.

Un’altalena di emozioni, come da repertorio più classico, rimonta finale del pugile a un passo dal k.o. inclusa. Una sfida a distanza che ha visto protagonisti i leader più attesi, con l’appena 24enne Mbappè che a prescindere dal risultato finale strizza già l’occhio alla corona del numero 1 del mondo per il prossimo decennio, e con l’uomo più atteso il cui finale è più che lieto. Al centro del palcoscenico Lionel Messi è finalmente in pace i con fantasmi del passato albiceleste, è autentico faro in grado di guidare il gruppo di Scaloni alla vittoria, tanto più attraverso le sofferenze causate da una Francia inaspettatamente in vita quando il traguardo pareva a un passo.

La vittoria finale di Messi chiude definitivamente il cerchio con l’ultimo trionfo del 1986 targato Maradona, Dio del calcio e sua intramontabile stella cometa (il cui mondiale messicano resta probabilmente ancora inarrivabile) il cui riverbero su spalle e testa di Messi ,da oggi, è diventata più la giusta eredità che non la scomodissima e pesantissima ombra che lo aveva portato a voler abbandonare la nazionale. Con Messi che alza al cielo la coppa del Mondo si chiude un’era, la storia di una generazione pronta a lasciar spazio ai giovani che in questo mondiale hanno strabiliato (spagnoli in primis), e la sua vittoria sembra segnare anche il sorpasso nel rush del lungo duello a distanza con Cristiano Ronaldo.

Al tramonto di due carriere che hanno segnato questo sport il più saggio Messi è persino rabbioso o scontroso come contro gli olandesi, ma in campo rimane determinante come pare non capitare più al portoghese, peraltro scaricato dai compagni e abbandonato dai tifosi. Il mondiale di Cristiano (pur essendo il quinto in cui ha segnato stabilendo l’ennesimo record) somiglia tanto a un finale amaro che certo mal si addice a quanto dimostrato in carriera, ma che non cambia la sostanza di verdetti che oggi paiono fugare qualsiasi dubbio sul quesito calcistico dell’ultimo ventennio nella sfida tra i due più forti calciatori del mondo.

Nella notte di Doha Messi che alza la coppa al cielo sembra davvero l’immagine migliore prima della parola fine sul mondiale, forse persino la più giusta (nonostante il rischio che una visione del genere sia inevitabilmente influenzata dalla scarsa simpatia che notoriamente la nazionale francese ha saputo attirarsi, almeno in confronto ai tanti argentini viola che ieri sera hanno festeggiato).