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INDIVIDUALITÀ E COLLETTIVO

di Tommaso Loreto

C’è qualcosa di profondo nelle difficoltà della Fiorentina, un’ombra che si distende sulla squadra ancor prima delle normali dinamiche di una partita, e che va ben oltre qualsiasi spirito di gruppo fino a oggi mai del tutto cementato. Un’incertezza diffusa, persino contagiosa, che pare colpire - a turno - un po’ tutti come le troppe amnesie a ridosso del novantesimo confermano.

In tal senso è stato il semplice scorrere del tempo, dei risultati e degli allenatori a evidenziare carenze e limiti dell’organico, ma se una costante può essere ritrovata lungo le diverse gestioni tecniche è forse una propensione a mettersi al servizio della squadra troppo rara. Sulla bontà del gruppo viola, delle persone, hanno garantito in tanti, ma il campo racconta di tanti singoli che faticano a muoversi e giocare come un corpo unico.

Quel che dovrebbe essere la naturale disponibilità ad aiutare il compagno, anche e soprattutto in termini tattici, diventa merce rara nella Fiorentina, che quasi sempre dà la sensazione di poter incidere solo in termini individuali e quasi mai collettivi. Se di gioco corale quasi mai si è parlato dall’inizio stagione, la fase difensiva sembra quasi sempre esclusiva della retroguardia, così come in attacco si sceglie troppe volte di affidarsi solo e soltanto alle invenzioni di Ribery o agli spunti di Vlahovic.

E’ allora anche in questo ambito che oggi i viola devono assolutamente provare a intervenire, ancor prima di qualsiasi analisi sul come e sul perchè, dopo due anni, la Fiorentina non sia ancora squadra. Lasciando da parte divisioni o lontananze che oggi si scorgono a occhio nudo in tanti piccoli dettagli delle gare fin qui giocate. Perchè di certo, per mettersi al riparo dalla rincorsa delle concorrenti e toccare la quota salvezza il prima possibile, sarà bene che soprattutto i calciatori decidano di giocare più da squadra che non da singoli.