L'AMICHEVOLE, Duracell Kuz e Jo Jo show
di Matteo Magrini
Sole, spalti gremiti, girornalisti armati di taccuino e un simpatico gruppo di tifosi peruviani muniti di striscioni e maglie di una squadra locale impazziti per il connazionale più famoso d'Italia: Juan Manuel Vargas. Si presentano così i campini, in una giornata che sa di primavera, quando Fiorentina e San Minato scendono in campo per quella destinata a diventare, purtroppo, la consueta amichevole del giovedì.
Fa davvero un bell'effetto vedere i ragazzi così da vicino, carprire emozioni e sensazioni. "Kuz Kuz, gioca, gioca!", grida Jorgensen, vero e proprio allenatore in campo. Piazzato ancora una volta davanti alla difesa, è lui che dirige l'orchestra. Kuzmanovic non si tiene, ha voglia di spaccare il mondo. Si sbraccia e urla in continuazione: "Ehi, Pippo (Melo n.d.r), qua, qua!". Vuole la palla, corre, suda, rientra e contrasta. Non sarà stato un test attendibile, ma lo spirito del ragazzino serbo sembra esser tornato quello dei giorni migliori, quando Prandelli doveva frenarlo per l'eccesiva voglia di fare. Bene così, e due goal che non fanno mai male. Fa sorridere e mette grande allegria vederlo esultare alzando le braccia al cielo, come fosse una gara ufficiale. Il ragazzo ha voglia, di nuovo.
Davanti, Gila e Mutu si cercano, ma gli scambi non sembrano il massimo della fluidità. Adrian sbaglia una, due, tre volte davanti a Storari, prestato al San Miniato, e, ridendo, gli tira la folta chioma di capelli, come a dire: "Adesso basta, mi vuoi far segnare?!". Si intestardisce il fenomeno, abbassa la testa e cerca la rete. Gila non gradisce, ma da bravo ragazzo qual'è, si limita a qualche occhiataccia o, al massimo, ad un "Dai Adri!". Il rumeno sbuffa, trova il tempo, come al solito, di battibeccare con Prandelli, ma poi segna. Sospiro di sollievo generale, ai campini. Melo, nella stessa posizione di Milano, sgomita, si propone, va al tiro e trova due reti. La forza fisica e la convinzione per giocare in quel ruolo ci sono, vanno trovati i tempi, l'intesa con i due davanti.
E arriviamo al nodo cruciale. Il centrocampo. "Il rombo rovesciato" sussurra qualcuno sugli spalti. Mah, noi capiamo poco di geomteria e di semplici quadrati, figuriamoci di rombi rovesciati. La verità, unica, è che Prandelli sta cercando i giusti equilibri, le giuste alchimie. Un punto di riferimento, vero, sembra averlo trovato. Jorgensen è l'uomo giusto per abbassarsi, davanti ai difensori. Non si muove mai di lì. Gesticola, richiama, urla. E' leader ed i compagni lo ascoltano. Interessante notare come, dopo circa trenta minuti, il tecnico di Orzinuovi decida di invertire Montolivo e Melo, spostando il brasiliano sul centro-sinistra avanzando il talento di Caravggio. Da quel momento i due spesso si scambiano, si muovono, a seconda delle situazioni di gioco. Sembra essere questa la strada da seguire: Jorgensen regista davanti ad un centrocampo intercambiabile, mobile.
L'indicazione tattica più importante è dunque questa. Nel secondo tempo spazio agli altri, e va in scena lo Jovetic show. Dribbling e numeri, ma soprattutto assist, tre, e goal, tre. Sembra carico e non ha paura di provare la giocata. Jo Jo c'è e vederlo da vicino, con quegli occhi da bambino che diventano vispi quando arriva il pallone fa tornare amanti del calcio, quello fatto dai talenti, dalla classe, dall'allegria.
Restanto poi i volti, le espressioni, Prandelli che urla, chiede ordine e velocità. I quattro difensori non hanno un gran da fare, ma il mister li richiama, vuole che giochino, che siano i primi motori della manovra. I ragazzi in campo si aiutano, parlano, si scambiano impressioni. Insomma, il gruppo sembra esserci, ed in qualcuno lo spirito sta tornando di fuoco. "Kuz", "Jorgi", "Pippo", "Adri", "Gila", si chiamano così tra di loro, ed è un continuo incitare, riprendere, guidare. E' quello che serve, al di la di rombi rovesciati, triangoli e parallelepipedi. Se si ritrova lo spirito, se si torna squadra, allora a Roma e Genova dovranno inizare a preoccuparsi.