.

L'ULTIMA BANDIERA

di Andrea Giannattasio

Si sente a suo agio Gabriel Batistuta quando si siede nella sala conferenze dell'albergo fiorentino in cui alloggia. Nessun timore di parlare davanti a telecamere, radio o pc vari che non vedeva ormai da anni. Zitti tutti, parla Batigol. E le parole che escono da quella bocca, con quello spiccato accento argentino che Firenze non si era mai dimenticata, non sono di certo banali. Non è mai un evento qualsiasi quando Batistuta prende la parola (l'ultima volta che l'ex attaccante gigliato aveva parlato di Fiorentina risaliva al 23 aprile 2012, quasi un anno fa).

Si parte dal tanto discusso rapporto con Vincenzo Montella, suo partner d'attacco ai tempi della Roma scudettata, per quella travagliata assegnazione della maglia numero 9, un cimelio che - come ha precisato lo stesso tecnico viola quest'oggi - la società giallorossa tentò, allora, di sottrarre all'aeroplanino con modi e tempi sbagliati, favorendo di fatto la nascita di una non-amicizia (attenzione: non un'inimicizia) tra Vincenzo ed il bomber argentino che dura fino ai giorni nostri.

Si passa poi alla Fiorentina: la sua casa, la sua massima consacrazione e la squadra dove Gabriel ha deciso di restare a dispetto dei tanti, tantissimi milioni che altri club gli avrebbero potuto tranquillamente garantire. La sua sfida infatti era ben diversa. Non voleva sollevare una Coppa al cielo in una piazza abituata a trionfi, ma desiderava farlo a Firenze, la città della quale è ancora profondamente innamorato e di cui si sente vero e proprio cittadino. Nove anni di amore e 207 reti, del resto, non si dimenticano in un soffio, tant'è che Bati sa davvero tutto della nuova Fiorentina plasmata ad arte dai Della Valle, una famiglia che il bomber non si perita di definire ambiziosa e dal futuro assicurato. Ha vissuto il fallimento di Cecchi Gori, la rinascita di Prandelli ed il contemporaneo declino del calcio italiano, un football seguito ormai solo dai perfezionisti e non paragonabile con i top-standard europei. Meglio quello inglese o quello spagnolo, dice Batigol.

L'ultimo consiglio che il Re Leone dà, infine, è quello rivolto a Jovetic e a tutti quelli che, come il montenegrino, sognano grandi traguardi dopo essere maturati nel club che ha creduto su di loro: le vittorie possono essere di tanti tipi; possono riempire bacheche, palmarès ma anche soltanto i cuori di un'intera città (esempio che calza a pennello alla storia d'amore tra Firenze e l'attaccante argentino). Chi ha orecchie per intendere, intenda. Ma forse, nel calcio di oggi, chiedere che ci siano a giro ancora tanti altri Batistuta, calcisticamente e moralmente parlando, è chiedere davvero troppo. Per adesso, bentornato Gabriel.