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LA FINE DEI PARAGONI

di Tommaso Loreto

Ora sì che Raffaele Palladino si è preso la Fiorentina e con lei tutta la piazza di Firenze. Negli applausi che salutavano la sua uscita dal campo domenica sera, dopo l’espulsione decretata dall’arbitro Pairetto, c’è finalmente la fiducia di una tifoseria intera. Rimasta forse perplessa da un avvio stentato con tanti, troppi, pareggi ma oggi più che convinta delle potenzialità del giovane tecnico

Lo scomodo paragone con Italiano - D’altronde era inevitabile che almeno inizialmente su Palladino pesasse l’inevitabile paragone con il suo predecessore. Le tre stagioni con Italiano in panchina non potevano essere cancellate in fretta, fosse solo per il marchio che l’attuale tecnico del Bologna era riuscito subito a imprimere sul gruppo, e qualche problema tattico non aveva fatto altro che acuire determinate differenze. 

Le chiavi tattiche - Di certo dopo aver cominciato la propria avventura fiorentina con la scelta di una difesa a tre Palladino ha impiegato poco a rivedere le proprie convinzioni, modificando gara dopo gara l’assetto generale. Prima il tentativo d’infoltire il centrocampo con un uomo in più, a Bergamo contro l’Atalanta, poi il passaggio alla difesa a quattro diventata una costante dal secondo tempo con la Lazio in poi. Chiavi tattiche alle quali aggiungere l’inserimento di Gudmundsson e poi quello di Adli, due riferimenti che hanno impiegato pochissimo a imporsi all’interno del gruppo grazie alla propria qualità. 

Ok, il modulo è giusto - Coincidenza o meno, almeno nelle ultime partite, il modulo scelto da Palladino sembrerebbe pure ricordare da vicino quello di Italiano, il 4231, se non fosse per le variazioni sul tema proposte dal tecnico viola e necessarie a virare verso il 4411 visto con il Milan. Come una Fiorentina in grado di difendere il vantaggio (anche grazie all’inserimento nel finale di Biraghi a sinistra) o ancora capace di trovare il gol vittoria sul rinvio del portiere (aspetto che in passato aveva visto i viola più vittime che carnefici). Insomma in quel lancio finale della giacca lontano dallo stile compassato fin qui mostrato è come se Palladino si fosse completamente calato nella sua nuova realtà, ma soprattutto è come se si fosse lasciato definitivamente alle spalle qualsiasi termine di paragone con il recente passato della panchina viola.