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LJAJIC, Il ragazzo gioca bene

di Marco Conterio

Mettergli troppa pressione addosso, ora, sarebbe un errore grave. Certo è che non parlarne è difficile, non tesserne le lodi sembra quasi esercizio masochistico. Il nuovo che avanza, dribbla e segna, Adem Ljajic, ha conquistato Firenze. Opera tosta, altrettanto, quella di entrare così a fondo nei cuori di una città complicata come quella del Giglio. Però il baby talento dalla Serbia con furore c'è riuscito: con due rigori su due, freddo come un veterano del football, con serpentine ubriacanti, con classe cristallina e con quel sorriso da 'sbruffone', di chi guarda al domani senza timori.

Serve pazienza, però. Perché se ora fioccano le vette, i picchi e le lodi, arriverà anche il tempo dei bassi e dei musi lunghi. Non è certo pessimismo, bensì realismo. Il calcio è questo, dà e toglie, esalta e distrugge. Coi giovani, poi, l'esercizio è ancor più accentuato e complesso.

Proprio per questo, giusto coccolarlo ma altresì giusto strigliarlo e 'bastonarlo', nei momenti difficili, il giovane Adem. Che ha i colpi, i numeri e la classe da campione assicurato. Arrivò in Italia con le stimmate del novello Kakà, giocatore al quale lo stesso Ljajic si ispira e del quale, non peraltro, indossa il numero. Presto, però, per fare paragoni. Presto altrettanto per chiamarlo fenomeno. Stellina, baby campione, grande talento sì. Ma guai a mettergli troppa pressione addosso.