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MILLE VOCI, NESSUNA SCELTA: LO SCENARIO DEL CALCIO ITALIANO

di Alessio Del Lungo

Sono tante, forse troppe, le dichiarazioni che in questi giorni sono state fatte dagli organi coinvolti nel sistema calcio e chiamati a decidere oppure a subire queste scelte. Il momento è di quelli delicati, il virus ha posto il Paese in una condizione di grande crisi economica ed ha fermato tante aziende. Una di queste è indubbiamente il calcio.

Quello che fa riflettere però è la poca chiarezza, la mancanza di idee o linee guida da seguire. Il Ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, in questi giorni ha parlato più volte, prima, sottolineando come non ci sia alcuna certezza sulla ripresa della Serie A, poi, correggendo il tiro e spiegando che comunque resta viva la speranza di rivedere i calciatori sul terreno di gioco e ancora, stamattina, cambiando versione: "Vedo la strada della ripresa come un sentiero sempre più stretto. Potrebbero essere gli stessi presidenti dei club ad essere contrari".

La posizione della FIGC e del suo presidente, Gabriele Gravina, è ancora più misteriosa. Inizialmente si auspicava una conclusione felice con un orizzonte del governo che consentiva ancora il riavvio. Successivamente, la Federazione, si è ritrovata a dover smentire che ci fosse stato un accordo disatteso dal Ministro sulle date di ripresa ed, infine, il culmine, sono state le parole di Gravina che ieri sera ha sottolineato, dopo settimane in cui sosteneva che il rischio con l'attuazione del protocollo non ci fosse, come gli scienziati del comitato scientifico evidenzino un rischio finché non sarà presente il vaccino e che quindi almeno fino alla primavera 2021 di ripresa non si dovrebbe parlare.

Il CONI è contrario e il suo massimo esponente, Giovanni Malagò, non ha mancato di rimarcarlo negli scorsi giorni: "Il calcio deve pensare ad un'alternativa alla conclusione del campionato come hanno fatto tutti gli altri sport. Il protocollo della FIGC, per giunta, non segue i medici sportivi". Posizione netta e ben indirizzata che va in conflitto con quella della Lega di Serie A che ha interesse a riprendere a giocare per tanti aspetti, economici e non solo. Lo scontro con il governo, accusato di non aver rispettato un accordo preso, è totale ed infatti ha fissato per il 14 giugno, e non oltre, la deadline per una ripresa. C'è anche l'AIA, protagonista di contorno, ma pur sempre fondamentale, che, per bocca del suo presidente, Marcello Nicchi, ha invitato "chi deve decidere a farlo in breve tempo" e, dopo aver inizialmente ventilato l’ipotesi di rischi sanitari connessi al mezzo, ha assicurato che il VAR farà parte di un'eventuale ripartenza del calcio.

In tutto questo caos la FIFA, tramite la sua commissione medica, invita a non riprendere il calcio prima di settembre e la UEFA, dal canto suo, a presentare i piani per la ripartenza entro il 25 maggio. Il problema principe che sta alla base di tutto questo però è la presa di posizione da parte dei calciatori che, attraverso l'AIC, hanno fatto sapere di non aver gradito il piano governativo, ma che stanno capendo ben poco e, come tutti, non conoscono il loro futuro. Infine, cosa più importante, non tutti la pensano allo stesso modo e non tutti i i giocatori sono desiderosi di fare il loro ritorno in campo perché in ballo ci sono delle vite umane e perché il Coronavirus non è uno scherzo. Chissà quando giungeremo alla parola fine.