PRANDELLI, Un'impresa in azzurro su cui riflettere
Si sprecano e si sprecheranno le lodi per gli azzurri di Prandelli. D'altro canto la vittoria sulla Germania nella semifinale di Euro 2012 entra di diritto nella storia del pallone italiano. E su quella sfera c'è l'autografo di Cesare. Per come è stato ricostruito da zero un gruppo reduce dalla debacle sudafricana, e per quello spirito messo in campo in Polonia e Ucraina a migliaia di chilometri dai problemi e dalle polemiche sulle scommesse. Prandelli, in questo lungo cammino, ha anche commesso i suoi errori, ma ha anche ribadito quelle che erano le sue scelte, e i suoi metodi di lavoro.
Trovando definitive risposte da Cassano e Balotelli (e probabilmente il c.t. azzurro è stato il primo e l'unico tecnico a saper tirare fuori tutto il talento di Mario riuscendo però anche a domare il suo carattere) e girando moduli dalla gara d'esordio al trionfo sui tedeschi. Il tutto al netto di stage non concessi, calendari folli, e amichevoli nelle quali è calato il buio. Sono bastate circa tre settimane, a Prandelli, per dare vita a quella squadra che in questo europeo sta scrivendo pagine di calcio. Mettendo in mostra una manovra e prestazioni che raramente sono state ammirate in ambito di selezioni nazionali.
A queste latitudini, poi, può darsi benissimo che l'obiettività sia a rischio. Quando quel metodo che oggi Prandelli mette in pratica in Nazionale, viene vissuto da vicino per almeno quattro stagioni, resti per forza stregato. Forse, semplicemente perchè nell'osservare la squadra odierna di Cesare sembra quasi di rivedere lo spirito, l'atteggiamento, e i movimenti di quella che fu la sua Fiorentina. Certo, non è solo questo l'effetto che fa seguire l'Italia in questo europeo. Verrebbe francamente da domandarsi come, dove e quando sia realmente nata l'idea di perdere un artigiano di calcio come questo allenatore, o perchè non si sia deciso di affidarsi a quelli che potevano essere i suoi dettami per salire ulteriori scalini.
Ma francamente, a distanza di anni, è anche giusto rendersi conto che avrebbe poca utilità. Soprattutto in un momento in cui la Fiorentina prova a ricostruirsi, tanto più per la terza o quarta volta proprio da quando è cambiata la guida in panchina di Prandelli. Ecco perchè, allora, tanto vale limitarsi a sostenere ed applaudire quella che già è diventata l'impresa di Prandelli. Prendere una Nazionale a pezzi, portarla in finale, e riavvicinare milioni di appassionati a quel calcio che oggi, almeno in Europa, sembrava l'ultimo della classe. E magari sognare insieme allo stesso Cesare un finale di questo torneo che possa essere simile a quello che lui stesso aveva prospettavo anche per la sua ex squadra di club.