PROFONDO ROSSO
Dodici presenze, un cartellino rosso e sei gialli equivalenti a sette giornate di squalifica. E ovviamente zero reti. Si possono riassumere così gli inquietanti numeri di Ruben Olivera con la maglia viola, cifre che non lasciano spazio ad altre interpretazioni se non a quelle, devastanti, della reale evidenza. L'intervento killer del mediano uruguagio su Pjanic sabato sera, in un primo momento graziato dall'arbitro Banti ma sanzionato pesantemente ieri dal giudice sportivo grazie alla prova tv, rappresenta il secondo, indelebile sigillo che Olivera ha impresso (fisicamente) nella sua avventura con la casacca gigliata, una sfida iniziata nel rush finale dello scorso inverno (era il 30 gennaio), proseguita con una clamorosa gomitata alla seconda presenza e, molto probabilmente, terminata sabato sera con il semi-attentato perpetrato ai danni della caviglia di Pjanic.
E tutto questo senza contare una maglia numero 10 non propriamente celebrata a dovere nel giro degli ultimi cinque difficilissimi mesi della passata stagione, gli 1,5 milioni di euro pagati al Lecce per l'acquisto del suo cartellino ed un contratto biennale che scadrà nel giugno 2014. Ovvero tra un'eternità. Olivera e la Fiorentina sembrano, al momento, percorre due binari diametralmente opposti del calcio: il primo, quello del giocatore, esprime un gioco irruento, ostinatamente muscoloso e, spesso e volentieri, scorretto. Il secondo, quello dell'attuale Viola di Montella, salta invece agli occhi per la brillantezza e la velocità della sua manovra, concetti che trovano arduo riscontro nel credo calcistico dell'ex salentino. Due sono le sanzioni che adesso attendono Olivera: la prima sarà certamente una super-multa che la società viola adotterà nei suoi confronti dopo la notte dell'Olimpico, la seconda (forse già a gennaio) potrebbe invece essere una cessione definitiva.