SHOULD I STAY OR SHOULD I GO?
TUTTI LO VOGLIONO - Quante volte sarà venuto in mente a Giampaolo Pazzini. "Resto o no"? La Liguria è pronta ad accoglierlo a braccia aperte. Sotto la Lanterna si vocifera che un ragazzo di Bari Vecchia, sciupafemmine d'annata, sia tra i suoi più grandi sponsor. Il Lazio, sponda lupacchiotta, idem. La carestia d'attaccanti, tra un giovane dell'89 e un quasi ex giocatore che un tempo planava sui campi di tutta Italia, un capitano col ginocchio ballerino e un montenegrino in cerca d'identità richiede forze fresche per gennaio. L'Emilia Romagna idem. Là, terra di tortellini, presidenti con progetti nuovi e ambiziosi, tre attaccanti hanno segnato gli stessi gol di Frey. Uno solo, uno che ad inizio stagione davano tutti per finito, ne ha fatti sei. Ma dietro di lui, buio pesto.
"SERENAMENTE INCAZZATO" - Resto o me ne vado? Giampaolo Pazzini si scervella, ma siccome ultimamente è tempo di carestia anche per i cross buoni per le sue incocciate da guardia dell'NBA, figuriamoci se cadrà la mela dall'albero sulla sua testa per dargli l'ispirazione. Il "serenamente incazzato" è un po' il titolo della sua autobiografia work in progress. Ha voglia ma non riesce a trasformarla in gol, che poi sono quelli che contano per un attaccante. Puoi fare tutto il movimento del mondo, servire più sponde precise di un muro da squash, ma agli annali passano le reti.
DA TONI A GILARDINO- Prima viveva alle spalle di Toni. Spalle robuste, una montagna alta trenta reti impossibile da superare. Però è cresciuto, è stato utile alla causa viola, tanto da meritarsi un'annata da primo attore. Poi, rieccoci con la stella che offusca la sua luce. Da Toni a Gilardino. Due mostri sacri dell'area di rigore, al cospetto dei quali Pazzini è sembrato una farfalla in attesa di prendere il volo. Che non arriva.
BIANCO E NERO - Le colpe sono da dividere in parti eguali. Un po' di Pazzini, che non ha trasformato la rabbia in reti, la voglia in concretezza. Un po' dello schema di gioco, dove non è mai riuscito ad adattarsi al meglio. Forse perché, davvero, prima punta non è. Un po' anche della piazza. Pazzini è il futuro, Pazzini non è il futuro, aspettiamo Pazzini, non possiamo più aspettare Pazzini. Bene o male, bianco o nero, senza vie di mezzo. Pregio e virtù di Firenze, tanto magnanima, quanto pretenziosa.
NESSUN RIMPIANTO - Manca un mese e mezzo alla riapertura del mercato. Qualche gara, insomma. A Genova, sponda Sampdoria, a Roma, sponda giallorossa, a Bologna, sperano siano le ultime. Pazzini l'incompreso, oltre le mura guelfe, è considerato il futuro del calcio italiano. A Firenze, come da secoli, ci si divide ancora in Guelfi Neri e Bianchi: c'è chi lo vuole tenere e continua a credere in lui ed a difenderlo a spada tratta, c'è chi non vede l'ora di sostituirlo con Osvaldo o chi per lui arriverà. Una sola cosa accomuna le due fazioni: la paura, tremenda, di vederlo sbocciare e prendere il volo con una maglia diversa da quella viola. Sarebbe il tempo dei rimpianti, ma come è stato per il Milan con Gilardino, per l'Inter con Pirlo, per la Juventus per Henry, sarebbe l'ora di guardare avanti. E ringraziare, in ogni caso, Giampaolo Pazzini per tutto quello che ha fatto per la Fiorentina e per tutto il cuore con cui ha sempre vestito la maglia viola. Gol o non gol. Che decida di restare, o che decida di andare via.