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SOUSA E I FINALI DI STAGIONE: IL PRIMO ANNO STORTO

di Andrea Giannattasio

Una caduta verticale. Quasi un tracollo. Il periodo che sta vivendo la Fiorentina in queste settimane rappresenta la fase certamente più dura di una stagione sin qui condotta col sorriso sulle labbra, in qualità di vera e propria rivelazione del campionato. Le cause sono come sempre molteplici e sono riscontrabili, oltre che in un calciomercato di gennaio incompleto, anche evidentemente in un discorso di preparazione fisica svolto in estate carente. Il risultato? La Fiorentina a sette giornate dalla fine si trova al 4° posto, a -7 dai preliminari di Champions e con il rischio (sin qui sventato dalle prove di Inter e Milan) di dover persino temere i preliminari di Europa League di luglio.

A ben vedere però, il calo radicale che ha accusato la Fiorentina tra marzo ed aprile è qualcosa di totalmente insolito nei campionati sin qui condotti da Paulo Sousa a giro per l’Europa. Mai infatti, prima della sua avventura sulla panchina viola, il portoghese si era trovato a vivere una situazione di tale difficoltà di gioco e risultati. Dall’Ungheria, passando per Israele, per finire con la Svizzera. Nel biennio magiaro al Videoton infatti, Sousa (in un campionato a 16 squadre) nel 2011/2012 - in mezzo a 11 vittorie - incappò in appena un ko ed in un pari nelle ultime 13 gare (cioè dal mese di marzo sino alla fine del campionato), mentre nell’anno successivo, ancora al Videoton, furono 9 i successi, 3 i ko ed uno solo il pari.

Discorso speculare per quello che riguarda l’esperienza di Paulo Sousa prima in Israele e poi in Svizzera: alla guida del Maccabi Tel Aviv infatti, il portoghese da gennaio a marzo (quando termina solitamente il campionato israeliano) ha collezionato 9 vittorie, 1 pari ed una sola sconfitta, mentre nella passata stagione a Basilea, il portoghese ha concluso la stagione conquistando tra marzo e maggio 9 vittorie, 3 pareggi ed appena 2 sconfitte, stravincendo il campionato. Un ruolino di marcia da vera schiacciasassi. Lo stesso che, a conti fatti, hanno sempre avuto le squadre di Paulo Sousa in tutte le sue ultime esperienze. Ecco perché tentare di motivare il calo fisiologico della Fiorentina resta un bel dilemma.