STATO D'EMERGENZA
Sì, d'accordo, l'operazione che ha portato Babacar a Sassuolo e Falcinelli alla Fiorentina, economicamente e aziendalmente, non fa una piega. La partenza del senegalese era nell'aria, l'ingaggio alto un aspetto da tenere di conto al pari della scadenza del 2019 e qualsiasi altra ipotesi avrebbe obbligato la Fiorentina a cercare un altro attaccante non necessariamente "pronto" come Falcinelli. In fondo lo stesso Raiola, che quando si muove sa come farsi intendere, ci aveva perso svariate ore.
Il problema, semmai, è che ancora una volta al fischio finale del mercato sono più le operazioni in ottica economica a finire in mostra che non quelle dal chiaro obiettivo sportivo. Sette saldi attivi negli ultimi anni qualcosa significano. Si dirà che bocciare a prescindere l'attaccante arrivato in viola è sbagliato, ma sulla carta parte inevitabilmente uno scalino sotto Babacar. Che avrà tutti i suoi difetti, ma che sa anche segnare, senza dimenticare la sua crescita nel vivaio.
Ed è poi su questi punti che s'inceppa - di nuovo - qualsiasi ragionamento. Perchè ancora una volta alle promesse e ai proclami (dal ciclo giovane fino ai prodotti del vivaio, passando per le rinnovate speranze di tornare a quote più ragionevoli di ambizioni) seguono fatti del tutto slegati da quanto si era professato. Il contenimento dei costi è diventato una vera e propria sforbiciata, che ha tagliuzzato negli ultimi 2 anni quelle ampie sacche di fiducia che la Fiorentina si era costruita con il tempo.
Se molti errori, negli anni, erano stati nascosti da risultati importanti, il biennio che parte dal fantomatico gennaio 2016 diventa una sorta di discesa agli inferi. Senza che i giovani arrivati in estate o nel recente passato siano riusciti ad affermarsi (Hagi, Zekhnini, Lo Faso e poi ancora Piccini, Capezzi, Rebic o Mlakar) senza le pianticelle venute su dal settore giovanile (Bernardeschi e Babacar ceduti mentre su Chiesa si profilano orizzonti come minimo complessi) e senza rilanci da parte di una proprietà che in città non si è più vista.
E se Corvino avrà certamente le sue responsabilità, rappresentate dalla permanenza di Maxi e Cristoforo mai impiegati in oltre un anno e mezzo o dalle lacune della rosa rimaste intatte (i terzini sono gli stessi) è soprattutto dai vertici che per l'ennesima volta la delega totale delle vicende viola non funziona. Perchè si può benissimo lasciar in mano ai propri manager la gestione dell'ordinario, ma di tanto in tanto serve seguire da vicino la propria azienda. Ancor di più nei casi di emergenza come quello attuale.
E i Della Valle che già si erano meritati critiche quando le cose andavano bene, oggi si ritrovano ancora di più nell'occhio del ciclone. Perchè alla fine è comunque da loro che arrivano gli input su come muoversi, e perchè spetterebbe a loro spiegare come poter andare avanti uscendo dallo stallo attuale. Scegliendo una strada dinanzi a un bivio del quale soltanto 48 ore fa parlavamo su queste pagine (LEGGI QUI) . Facendo capire, una volta per tutte e con la massima chiarezza, che cosa intendono fare con la Fiorentina.
D'altronde in un momento così delicato come quello che attraversa la società viola non si può più far finta di nulla, nè restare in silenzio. Ne va non solo della credibilità degli stessi proprietari del club, ma a questo punto anche della stessa sorte della Fiorentina. Che adesso, in attesa di affrontare un calendario complicato tra Bologna, Juve e Atalanta, rischia seriamente di essere sommersa da un'ondata di rabbia e malumore della propria gente.