SULLA STRADA DI PEPITO
Aspettando Maurito. Un po’ come lo scorso anno Firenze ha atteso (invano) un sussulto di Giuseppe Rossi negli ultimi suoi sei mesi in maglia viola. La storia dell’argentino infatti assomiglia sempre di più a quella già vissuta appena un anno fa sulle rive dell’Arno da Pepito, una prima parte di stagione di “vorrei ma non posso” con sullo sfondo lo stesso identico protagonista: Paulo Sousa. Perché se è vero che un anno fa i rapporti tra l’allenatore della Fiorentina e l’italo-americano si erano incrinati fin da subito (complici, pronti-via, quattro panchine consecutive ad inizio campionato, una forma fisica precaria ed un minutaggio scarso), è altrettanto realistico credere che adesso Zarate e Sousa non stiano vivendo esattamente un idillio amoroso. E questo sempre a causa del poco utilizzo che il portoghese ha fatto del fantasista, fino a poco tempo fa interessato più alla delicata situazione della moglie ed alle vicende giudiziarie con la Lazio che al campo.
Quello che però semmai lascia perplessi è che se per Giuseppe Rossi poteva eventualmente esserci la “scusante” legata ad uno stato di forma non ottimale che nemmeno il ritiro di Moena di un anno e mezzo fa era riuscito a ristabilire del tutto, la situazione è totalmente diversa per ciò che riguarda Zarate, che nei pochi minuti fin qui disputati (appena 84) ha già fatto vedere - se ben istruito - di poter essere determinante, andando a segno contro il Qarabag due volte nel giro di 30’ e creando pericolosità su tutto il fronte offensivo quando per appena tre volte è subentrato anche in campionato dalla panchina.
A ciò si aggiunga che Rossi, nella passata stagione, dopo le prime 12 giornate di A ed i primi 4 turni di Europa League aveva già collezionato in 9 presenze (sei delle quali da titolare) ben 501’ sul campo (ovvero quasi sei volte tanto rispetto all’argentino), mettendo a segno due reti nella competizione continentale (con Belenenses e Lech Poznan) ed un assist in campionato (a Verona). Zarate invece, dopo circa un quarto di campionato mandato in archivio, non ha ancora assaporato il gusto di una maglia da titolare, riuscendo a far brillare la sua stella solo nella sfida-materasso del Franchi contro la squadra azera, un lampo nella notte che però è rimasto tale, visto che da quella partita l’argentino ha giocato uno spezzone consistente di gara solo nella ripresa di Torino, 45’ decisamente complicati per tutta la squadra viola. Una storia, quella di Maurito a Firenze, che sta assumendo sempre più i contorni di un addio annunciato. Esattamente come fu per Pepito un anno fa.