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TITOLARI CON ITALIANO MA SECONDE SCELTE DI PALLADINO: METAMORFOSI DELLA VECCHIA GUARDIA

di Jacopo Mannina

Dopo la battuta d’arresto contro l’Atalanta a Bergamo, arriva la seconda sconfitta stagionale per la Fiorentina di Raffaele Palladino, questa volta in campo europeo, contro un avversario decisamente alla portata. È stata una prestazione opaca quella dei gigliati, che hanno lasciato intravedere meno brillantezza e determinazione rispetto alle recenti uscite. Certo, era realistico pensare che un passo falso sarebbe arrivato prima o poi, ma in un certo senso, se proprio doveva succedere, meglio sia stato sul palcoscenico della Conference League, dove l’impatto in classifica è stato limitato. Infatti, la Fiorentina rimane tra le prime otto che, con un vantaggio in differenza reti che garantisce, per il momento, l’accesso agli ottavi. Ben diverso sarebbe stato perdere punti preziosi in campionato.

Il confronto tra campionato e Conference League - La differenza tra le due competizioni sta diventando evidente: se in Italia la Fiorentina appare sicura e affamata, in Europa manca quella continuità di rendimento. E il motivo è lampante: le seconde linee, nonostante l’impegno, non riescono a colmare il divario con i titolari.

L’importanza dei titolarissimi - La recente striscia di successi ha sottolineato la strategia di Palladino, che sembra aver delineato gerarchie nette: il turnover è minimo e, quando avviene, è spesso imposto da infortuni o necessità di gestione fisica in un periodo fitto di appuntamenti. A differenza della rotazione più ampia attuata da Vincenzo Italiano, Palladino ha scelto una strada più rigida, lasciando spesso fuori elementi di esperienza. Questo approccio ha portato risultati concreti, ma ha messo in luce anche quanto i gigliati dipendano da un ristretto gruppo di titolari per mantenere la propria competitività.

Occasione mancata - Anche se ogni giocatore sembra avere la possibilità di mettersi in mostra, contro l’Apoel le riserve non hanno saputo cogliere l’opportunità. Palladino, che ha rivoluzionato la formazione per dare riposo ai titolari, si è trovato costretto a inserire elementi chiave come Dodô, Gosens e Beltrán per provare a cambiare l’inerzia della gara, ma il tentativo si è rivelato infruttuoso. Nel post-partita, il tecnico ha parlato di un approccio all'insegna della leggerezza e prevedibile da parte di chi è partito dal primo minuto, sottolineando la mancanza di grinta che ha finito per favorire l’avversario.

Il peso della vecchia guardia - Nonostante la rivoluzione estiva, la “vecchia guardia” di Italiano è ancora ben presente: contro l’Apoel, infatti, otto undicesimi erano volti familiari della scorsa stagione, con ben cinque elementi (sei, contando Ikoné che subentrò ad Atene) protagonisti dal primo minuto nella finale di Conference League contro l’Olympiacos. La nuova gestione sembra dunque mantenere un legame con il passato, ma è chiaro che i veterani stanno faticando a trovare il proprio spazio nelle gerarchie rigide di Palladino che continua a raccogliere segnali negativi dalle sue seconde linee.