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TRA LIMITI E PAURE È UNA SALVEZZA RAGGIUNTA IN DUE

di Dimitri Conti

Adeso non c'è più margine per paure o timori. L'aritmetica accompagna ufficialmente verso il verdetto certo: la Fiorentina giocherà in Serie A anche nella prossima stagione. A 180' dalla fine del campionato (leggermente più tardi rispetto allo scorso) è dunque arrivata a compimento l'opera del rientrante Beppe Iachini, richiamato in sella proprio per le sue doti di estremo pragmatismo, utili senza dubbio nel portare a termine il lavoro. Ciò succede al termine di una stagione travagliata, in cui meriti e demeriti sono con ogni probabilità da suddividere tra lui e l'altro allenatore con cui si è avvicendato, Cesare Prandelli.

La stagione l'ha iniziata Iachini, confermato direttamente per volontà presidenziale dopo l'ottimo finale della stagione precedente che aveva garantito alla Fiorentina una comoda salvezza. Tempo sette partite però (2 vittorie, 2 pareggi, 3 sconfitte) e, dopo lo scialbo pareggio di Parma senza gol, arriva la sofferta scelta di Commisso: cambia la guida tecnica e al posto del tecnico col cappellino, nel mirino per alcune scelte tecnico-tattiche e per la difficoltà della sua squadra di garantire una proposta offensiva continuativa e di qualità, ecco un uomo-simbolo della città e del club quale Prandelli.

Se è vero che in quanto a media punti il tecnico di Orzinuovi ha garantito un rendimento peggiore rispetto al suo predecessore-successore, così come sul lato della compattezza e della tenuta difensiva, lo è altrettanto che con ogni probabilità senza la sua esplicita volontà di puntare le carte dell'attacco sul giovane ed ancora (almeno allora) acerbo Vlahovic il cammino della Fiorentina avrebbe rischiato di andare diversamente, così come l'esplosione del serbo sarebbe potuta essere in scala ben minore. Senza i 21 gol del centravanti classe 2000 (prima dell'avvento di Prandelli ne aveva segnato uno solo) dove sarebbero oggi i viola? Lo stesso finale di stagione gestito efficacemente da Iachini anche e soprattutto grazie al contributo del suo attaccante principe, probabilmente, avrebbe vissuto attimi di pathos ben maggiore. Senza però una controprova è giusto attenersi a quanto raccontato dalla realtà dei fatti, e nel caso della salvezza della Fiorentina è impensabile sostenere che entrambi gli allenatori non abbiano contribuito attivamente, ognuno con i suoi pregi e con i suoi difetti, con i rispettivi limiti ma anche con quel quid che è servito per evitare il peggio.


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