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TROPPO INNAMORATO, TROPPO SOLO

di Tommaso Loreto

Come un terremoto la notizia delle dimissioni di Cesare Prandelli scuote quella poca tranquillità rimasta in casa viola. Un’ipotesi soltanto ventilata dopo la sconfitta con il Milan diventa realtà nei primi giorni della sosta di campionato, esattamente come quando nel novembre scorso Iachini aveva lasciato la guida tecnica della Fiorentina. Prandelli aveva già lanciato segnali di un certo tipo, parlando di stanchezza dopo il match di Benevento e rifuggendo invece qualsiasi parola dopo il Milan, anche per una tensione sempre più palpabile in tutto il corpo che ne ha risentito. Segno che un tarlo lo stava lentamente lavorando ai fianchi, e che la sua posizione si faceva ogni giorno più scomoda.

Nella sua lettera Prandelli fa riferimento a ombre che hanno influenzato il suo lavoro, il suo modo di vedere il calcio (e i calciatori?...) ritrovato oggi diverso da quello lasciato dopo l'avventura in Nazionale. C’è da credere che l’allenatore si sia sentito all’angolo, caricato dalla responsabilità di dover salvare la squadra del suo cuore e per questo disposto ad accollarsi ulteriori oneri, allargando competenze e aumentando dispendio di energie per gestire le (tante) problematiche del momento. Un accumulo di stress e tensione figlio di quell’amore mai nascosto per Firenze che gli aveva praticamente imposto di accettare la chiamata, a termine, del club viola. D’altronde per la stessa Fiorentina, in difficoltà per la posizione di Iachini e con in testa l’idea Sarri dopo appena 7 giornate, l’opzione Prandelli era probabilmente la migliore.

Eppure, alla lunga, quel ruolo faccia al vento da innamorato della Fiorentina deve aver parecchio sfiancato l’allenatore, già costretto a fare i conti con una non semplice gestione del gruppo sfociata in qualche esclusione nei titolari. Decisioni, e rapporti, che voci a parte non potevano certo passare inosservate. E che non fanno altro che confermare quanto profonde siano le problematiche di un spogliatoio tutt’altro che sereno. Quello stesso spogliatoio che Prandelli deve aver sentito scivolare via, anche solo per la difficoltà d’imporre le proprie idee tattiche dovendo ripiegare su moduli considerati più sicuri dalla squadra. Quel “voglio fare l’allenatore” dopo Benevento resta come l’anticipazione di una decisione maturata però anche alla luce di un sostegno societario che evidentemente non è bastato.

Se la figura del diesse Pradè è stata quella più vicina, e quella che ha più cercato di far ricredere il tecnico, resta la sensazione che Prandelli meritasse una tutela diversa, o meglio una gestione complessiva di squadra e club più attrezzata. A ogni livello. E ovviamente anche di una protezione particolare in campo dovuta al poco tempo a disposizione per lavorare sui calciatori. Col senno di poi, forse, qualche smentita in meno di notizie bollate come destabilizzanti, e qualche chiacchierata in più con il proprio tecnico avrebbe fatto comodo.

E' chiaro che anche determinate critiche devono aver ferito l’allenatore, tanto più in tempi in cui i registri comunicativi sono per forza di cose quelli dei social. Ma è anche sotto questo profilo che Prandelli si è ritrovato persino esposto, quanto meno a una comunicazione che la società per prima ha voluto più diretta, attraverso sfondi social dove - in termini di semplice rispetto - spesso e volentieri tutto pare lecito. Ne è venuto fuori un mix che Prandelli non ha voluto digerire, e che soprattutto deve aver fatto pensare al tecnico di non essere più nelle giuste condizioni per portare a termine il proprio compito. Condizione suprema che lo ha spinto a un gesto certamente di cuore e tutt’altro che banale nei confronti di un affetto così grande come quello per la Fiorentina.

Scelta dolorosa che ribadisce lo spessore dell’uomo. Valore umano che la città e la tifoseria hanno immediatamente riconosciuto di fronte alle dimissioni del tecnico, pronto ad affermare anche l’avvicinarsi del termine della sua carriera. Un addio da innamorato che certamente resta e resterà nella storia viola, ma anche patrimonio per niente semplice da gestire sia per Iachini, che oggi guiderà il suo primo allenamento, sia per la società che si ritrova a fare i conti con una stagione sempre più difficile. E sulla cui gestione, possibilmente a salvezza raggiunta, servirà un’approfondita riflessione per immaginare una minima forma di ripartenza.