.

UN CARTELLINO IN FUORIGIOCO

di Tommaso Loreto

La questione è duplice. Perchè da un lato c'è ancora la rabbia che frizza, che brucia. Dall'altro il tentativo, evidentemente, di provare a lanciare un segnale diverso, di ulteriore signorilità in un mondo che ha perso qualsiasi remora come quello del calcio. Bello, bellissimo, tanto quanto l'intenzione di premiare il fair play con un cartellino che esporti il colore, e lo stile, della Fiorentina.

Insomma, volendo essere persino danteschi nell'accezione, una lezione di superiorità firmata Firenze potrebbe pure essere la giustificazione all'assegnazione del cartellino viola al signor Klose Miroslav. Se non fosse che, ancor prima dei rancori di antica data (a proposito, vola il tempo, son quasi tre anni che Ovrebo e company...) resiste il dubbio per il reale gesto di fair play del bomber teutonico biancoceleste.

Perchè un po' a tutti è stato evidente il richiamo arbitrale che, solo in quel momento, è risultato decisivo ai fini dell'outing del tedesco. Tanto da far pensare che sia stato più il timore di una prova televisiva, che non lo spirito decoubertiniano del caso, a spingere Klose alla confessione. Pur nelle valutazioni che l'ampia giuria del premio in questione deve aver sicuramente fatto, resta comunque la perplessità sulla scelta.

Anche perchè poi, di fondo, quello che la stragrande maggioranza dei tifosi rimasti sbalorditi dall'esito ha mostrato, altro non è che la testimonianza di come il taglio sia ancora fresco, e la cicatrizzazione ancora lontana. Infondo, il danno procurato anche dal signor Klose, resta a raccontare un crollo verticale avvenuto proprio da quelle disfide con il Bayern. Firenze, che su quella storia ovviamente non ebbe giustizia, si sarebbe attesa ben altro, ed è difficile dargli torto. Regalare un cartellino viola così, anche se lodevole, sa di beffa. Più che una lezione stile, forse, una sorta di autogol. Di quelli in fuorigioco per intendersi.