UN PARADOSSO CLIMATICO
Non era iniziata nel migliore dei modi la serata di lunedì per Dusan Vlahovic. Quel cucchiaio, che già aveva fatto a Szczęsny nella scorsa stagione, stavolta lo ha tradito. Un errore dal dischetto che poteva compromettere la gara, ma che alla fine, considerato il risultato e il timbro successivo messo dal serbo, hanno fatto passare in secondo piano l'errore dagli undici metri. Il sospetto è che per dimostrare la sua straordinaria serenità, Dusan abbia calciato il rigore con la disinvoltura di chi non teme pericoli, ma è normale che la situazione in cui si trova, da separato in casa, possa influenzare alcune situazioni. Nonostante l'errore dal dischettto, che può capitare, il serbo ha dato la dimostrazione di essere impermeabile alla vicenda ormai nota legata al suo futuro.
Ma dopo un atto di forza mancato, il riconoscimento di debolezza è risultato vincente. Dopo un rigore calciato con un po' di sufficienza che aveva fatto infuriare Italiano, che gli ha chiesto immediatamente di pensare a rimediare e a riscattarsi, Vlahovic ha fatto una gesto che non si vede spesso fare. In molti potevano aver storto la bocca per il modo in cui aveva calciato dagli undici metri, ma tornando in campo dopo l'intervallo Dusan ha chiesto platealmente scusa ad uno stadio che, seppur semivuoto, ha risposto applaudendo. Un gesto sintomo di sicurezza, personalità e sensibilità che mette a nudo un ragazzo di vent'anni che in questo momento si comporta da professionista in campo, con l'allenatore e con i compagni.
Se in campo, con il mister e con la squadra (a giudicare dalle parole del capitano viola Biraghi nel post partita e dello stesso Italiano) il clima risulta essere apparentemente sereno e tranquillo, lo stesso non si può dire dell'aria che invece si respira fuori dal campo. La società si aspetta una risposta al più presto dal giocatore e vorrebbe che lo stesso Dusan "uscisse allo scoperto". Per ora il serbo continua a sviare le domande sul suo futuro, continuando a fare quello che sa fare meglio in una bolla che lui stesso sta cercando di non far scoppiare, almeno sul campo.