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Bertelli a 360°: "Ecco com'è cambiato il calcio. Vanoli ha la determinazione di Conte, Fabregas predestinato"

di Luciana Magistrato

A Scanner, trasmissione di Radio FirenzeViola di approfondimento sui temi legati al calcio, a cura dell'avvocato Giulio Dini e Anna Dini, è intervenuto in studio Paolo Bertelli, preparatore atletico di lunghissima esperienza durante la quale ha lavorato anche alla Fiorentina per otto stagioni in due diversi momenti e in cui affiancato allenatori del calibro di Spalletti, Ranieri, Malesani, Terim, Mancini (con questi tre proprio in viola), Conte (e Vanoli come suo assistente al Chelsea) e Pirlo.

Ci racconta i suoi inizi in viola? "Ho iniziato nell'87 quando il calcio era...bianconero nel senso di supporti tecnicologici e tutto il resto Io sono stato a Firenze in due diversi momenti ma ho iniziato con un'esperienza di dolore. Fu tutta un'intuizione del presidente Baretti che purtroppo mancò proprio quell'anno. E per la riabilitazione di Baggio, l'allora preparatore Vittori allargò la struttura della performance. Io giocavo nello Staggia con Esposito che quell'anno allenava la Primavera della Fiorentina e incontrandomi mi propose di venire alla Fiorentina a fare il colloquio con Vittori e così iniziai".

Cosa ricorda della finale europea? "Rispetto all'esperienza successiva, quando ho vinto la finale con Sarri, 28 anni dopo, di quella finale giocata ad Avellino non ho ricordi belli appunto".

Se dovesse indicare le differenze di lavoro tra Italia ed estero? "Nell'approccio inglese c'è meno stress anche se giochi ogni tre giorni, l'ambiente è meno pesante. La prima partita in casa col Chelsea contro il West Ham, nello spogliatoio c'era musica altissima e Antonio Conte passando la spense ma qualcuno la riaccese. C'era il capitano che parlò con Conte e arrivarono al compromesso di musica più bassa. Poi hanno la capacità di accendere l'interruttore al momento giusto anche se fino a 5 minuto prima facevano altro.

L'alimentazione è diversa? "Almeno 10 anni fa l'alimentazione era diversa. Tu non puoi mettere avanti la tua cultura e imporla. La pasta in Inghilterra la mettono come contorno. Bisogna adattarsi ma di sicuro non c'è grande attenzione al mangiare come in Italia, soprattutto nel dopo partita. Ma per giocare in Premier conta andare forte. Agli inglesi non piace stare a lungo in campo e fermi. Si allenano per come vogliono giocare, se vuoi andare forte ti devi allenare forte, si simula la partita. I falli? Loro giocano duro senza fare falli, cioè per non farli ecco. Una partita di calcio sono 11 elementi che interagiscono tra di loro contro altri 11 e secondo per secondo si presenta un problema, quindi l'allenamento per simulazione è dimostrato che più fai esperienza sull'imponderabile più benefici hai quando giochi la partita vera, sia come conoscenza che come risposte di squadra".

Un sistema convincente? "E' il modello di gioco la locomotiva di tutto, dentro ci deve essere tutto e non una cosa per volta. I nostri allenatori hanno capito che l'approccio deve essere più ambientale, allenarsi cioè nell'ambiente che trovi la domenica".

L'intensità è diversa? "Sì, in Inghilterra hanno l'abitudine di allenarsi meno con il dayoff per il recupero perché poi spingono molto, stanno a casa ma fa parte del programma di allenamento. Con i tecnici italiani questo non esisteva e qualcuno non lo vedeva bene. Come non piace la tattica e stare fermi".

In Turchia come è andata? "E' stata una bellissima esperienza al Fatih Karagümrük, ma è tutto molto diverso. Ho visto cose strane. Ma nel campionato turco si corre molto perché da noi c'è molta tattica e intendiamo il calcio come "non prenderle" e puntiamo alla superiorità numerica. Invece in Turchia pronti e via provano subito a farti gol. L'anno di Pirlo facevamo risultati aperti di 4-3 e così via. Il club dov'ero io era piccolo nel quartiere più piccolo di Istanbul e comunque sia con noi che con Farioli hanno fatto bene, ma certo è un laboratorio per giovani che arrivano dall'Africa e dall'America mentre dall'Italia ora prendono giocatori anzianotti. Besiktas ha lo stadio più bello di tutti, unico di proprietà, è tanto che non vincono e si lamentano che non vengono mai aiutati".

La Nazionale che esperienza è stata? "Ho fatto anche il Mondiale nel 2020 con Lippi e poi con Conte l'avventura degli Europei del 2016 in cui siamo arrivati ai quarti, è stato qualcosa di magico. Ci fu sfortuna perché Verratti, Marchisio ed altri si fecero male nel finale di campionato poi Motta fu squalificato e non giocò il quarto in cui si fece male Sturaro e in lui ho visto attaccamento alla maglia perché eravamo senza cambi e lui dovette giocare anche i supplementari, incarnò lo spirito di gruppo, ma purtroppo poi ritornò in campo ad ottobre".

Con la Fiorentina ha vinto una Coppa Italia ed ha conosciuto Vanoli: "La vincemmo con il gol di Vanoli. Tra l'altro il Parma era uno squadrone. Ho ritrovato Paolo Vanoli in Nazionale, lui lavorava all'Under ma veniva spesso a seguire. Poi venne a Londra a fare l'assistente con Conte"

Ci rivede Conte? "Ognuno adotta le proprie visioni ma da Conte di sicuro ha preso molto, nella determinazione, nella cazzimma"

Lei ha allenato tanti campioni, come si allenano? "Se si considera una carriera prolungata nel tempo si parla di campioni. Ad esempio Ronaldo era particolare, anche troppo, Hazard era il contrario. Ma se vuoi avere una carriera lunga e duratura devi curare anche fuori dal campo. Pensa alla Juventus si preferiva fare il ritiro non prima della gara ma dopo così tutti facevano le proprie terapie e lo scarico e dormivano al centro sportivo. Anche io sono d'accordo, il ritiro se non ci sono motivi di classifica, lascia il tempo che trova".

Ci parla di Baggio? "Ho conosciuto Baggio da ragazzini, arrivò rotto purtroppo ma era fuori categoria e da tifoso della Fiorentina averlo alla Fiorentina... il massimo. Aveva qualità tecniche, nonostante gli infortuni aveva capacità di accelerazione incredibile, quando partiva era imprendibile"

Cosa è cambiato? "E' cambiato tutto, gli staff fine anni 80 erano 4 persone, spesso il secondo era l'allenatore dei portieri. Il preparatore c'era ma non aveva grande voce in capitolo, le rose era ridotte e anche le partite e i programmi erano più semplici poi con l'avvento delle tv è cambiato tutto. Con Sarri al Chelsea abbiamo giocato addirittura 63 partite".

Fabregas si vedeva già l'imprinting del tecnico? "Sì, da calciatore si metteva in uno stanzino a parlare delle problematiche della partita. Si vedeva che era già un allenatore, ho fatto tre anni con lui.".

Come si gestiscono tante gare? "Ora gli staff sono molto ampi per gestire tante gare. Per una squadra che fa le coppe la gestione è individuale perché gli allenamenti di squadra sono solo quelli proiettati alla partita. Metti la Fiorentina che domani gioca, i primi due giorni devi far recuperare perché ci vogliono 48 ore poi quando l'allenatore sceglie chi deve giocare bisogna vedere quanto ha spinto il singolo e fare dunque un lavoro specifico"

Ci sono sistemi di gioco che impegnano di più? "Se una squadra gioca alta, metti il Como, si allena sulle accelerazioni e meno sul riposizionamento. Per chi gioca basso deve lavorare sul rientro che non deve essere uno sforzo. Fabregas ad esempio gioca il sistema relazionare, un'evoluzione del calcio a uomo nella fase difensiva ma nel possesso diventa altro. Così come Faripoli, Luis Enrique mentre il posizionale è quello di Guardialo. Importante è il tasso tecnico della tua squadra, nelle grandi squadre gli errori sono meno e si corre meno mentre l'impegno fisico aumenta quando perdi più volte palla. Si studia insomma tutto, anche la velocità della palla, se corre veloce le due squadre giocano bene, in base al possesso le video analisi vedono quanto corre la palla. In Norvegia-Italia, con Conte, ad esempio c'è stato il dispendio energetico maggiore con velocità della palla più alta. Ma quando ho inziiato io non c'era nulla e per capire la frequenza di un giocatore ti mettevi davanti e contavi i passi, oggi abbiamo tutto ma è sbagliato diventare schiavi dei numeri".

Poi un consiglio velato su come si superano i momenti di difficoltà: "Nei momenti negativi per la mia esperienza è che poi dopo 90 minuti nell'area tua, fai un tiro e vinci non sai neanche come. E con la vittoria tutto cambia"


Scanner puntata del 10 12 2025
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