COMOTTO, Questa finale è a misura della Fiorentina
Gianluca Comotto, ex viola e ospite all'evento di questa sera "Grazie Cesare! Cesare Prandelli e i ragazzi della Champions”, è intervenuto ai microfoni de' Il Tirreno: "Questa finale è a misura della Fiorentina, molto di più rispetto alla finale con l'Inter. Non è sbagliato pensare che possa essere una sfida da incanalare subito nella giusta direzione. Mi auguro che possa essere la notte giusta per costruire un capolavoro".
Quale il ricordo più forte che si porta dietro degli anni vissuti in viola?
"Liverpool-Fiorentina sia per la suggestione di giocare ad Anfield sia per il risultato, con il gol segnato da Gilardino all'ultimo minuto".
Vinceste due volte contro il Liverpool che la stagione precedente era arrivato in semifinale di Champions.
"Fu qualcosa di straordinario. Saremmo potuti arrivare anche in semifinale. Ce lo hanno impedito solo delle “decisioni forti”, i fattacci di Monaco. In qualche modo fu fatto che i tedeschi potessero andare avanti a dispetto nostro. Il fuorigioco di Klose si vedeva anche ad occhio nudo ma nessuno disse nulla".
Quale il pregio di quella Fiorentina?
"Il legame che c'era tra campioni e gregari. Noi gregari avevamo capito quanto fosse importante sacrificarsi per i campioni che ci permettevano di vincere le partite".
Lei a Firenze ci è proprio voluto venire: perché?
"Il mio sogno è sempre stato quello di giocare la Champions. Ho ritenuto la Fiorentina il giusto palcoscenico. Avevo parlato con Corvino e ci fu una stretta di mano ma dopo il mio infortunio avevo temuto potesse saltare tutto, per fortuna non fu così. Mi disse "Io non lascio feriti sul campo di battaglia".
Che allenatore è stato Prandelli?
"Diverso. Lasciava libertà. Dovevamo essere tutti campioni nella testa: se capiva che qualche meccanismo non andava bene, per fartelo capire non ti faceva giocare. Lui è passato dall'esser un allenatore di campo a un "gestore" di campioni".
Ha un rimpianto, al di là della Champions?
"Il rimpianto della Champions sanguina sempre. Ma un altro rimpianto è quello di non aver lasciato un trofeo".