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CERCASI "GILA"... DISPERATAMENTE

di Stefano Borgi

Incredibile ma vero! Per una volta Cesare Prandelli e Sinisa Mihajlovic la pensano allo stesso modo. Magari non lo ammettono, abbozzano per nascondere il problema, ma entrambi soffrono terribilmente l'assenza di Alberto Gilardino. Del resto lo diceva anche Fulvio Bernardini... "Datemi un portiere che pari ed un attaccante che segni, e là in mezzo metteteci chi volete". Erano altri tempi, ce ne rendiamo conto, ma anche oggi le partite si vincono segnando un gol in più degli avversari. Se poi si riesce anche a subirne uno di meno, allora... Da questo punto di vista Buffon in maglia azzurra e Boruc con quella viola offrono ampie garanzie, sul fatto di segnare un gol in più invece non ci siamo. Piccola digressione storica: sovente il calcio è ostaggio delle "mode", spesso promulgate da qualche "santone" della panchina. Fu il caso di Arrigo Sacchi che, ad inizio anni '90, col suo 4-4-2 integralista distrusse la figura del rifinitore. Ne fecero le spese campioni come Gianfranco Zola, costretto ad emigrare in Inghilterra, e Roberto Baggio che sopravvisse alla censura solo grazie al suo talento sconfinato. Stessa sorte era toccata, qualche anno prima, al ruolo dell'ala: gente come Causio, Claudio Sala, Bruno Conti, passarono velocemente di moda sacrificati sull'altare del calcio totale (o moderno), che al loro posto prevedeva l'esterno di quantità. Oggi è il turno del centravanti ad essere visto come un oggetto obsoleto, una sorta di ostacolo per lo sviluppo del gioco fatto di possesso palla e piccoli tocchetti a centrocampo. Gli attaccanti? "Piccoli", brevilinei, rigorosamente tascabili. I centravanti di peso alla Luca Toni sono relegati al ruolo di anticaglia, esponenti di un calcio che non c'è più. Prendiamo spunto proprio dalla partita dell'Italia di Cesare Prandelli. Difficile criticare una squadra che realizza tre reti (stendiamo un velo pietoso sul valore dell'avversario, la derelitta Irlanda, col buon George Best che si sarà rivoltato nella tomba...) l'impressione, però, è di una squadra "bellina" ma leggera, ordinata, a tratti divertente ma poco concreta, che gioca sulle punte senza riuscire a sfondare. In una parola manca il centravanti, la prima punta di peso, l'elemento che nei momenti decisivi sa concretizzare la gran mole di gioco che altrimenti risulta sterile. Prandelli non lo ammette, ma spera in cuor suo di riavere al più presto il miglior Gilardino (non vi fate ingannare, Pazzini, Borriello, Osvaldo... tutti surrogati del gila) ideale sintesi tra la prima punta egoista, opportunista, e l'attaccante moderno che aiuta la squadra e partecipa allo sviluppo della manovra.

Modulo e concezioni diverse per Sinisa Mihajlovic. L'obiettivo, però, è identico: ritrovare quanto prima il bomber di Biella. Il tecnico serbo ha sempre dichiarato di aver bisogno di Gilardino, di ritenerlo fondamentale come ruolo e come giocatore. Tanto che, dopo l'infortunio di Udine, non si è fidato delle alternative (Santiago Silva in primis, per non parlare di Babacar) e si è inventato Jovetic centravanti. A Napoli gli era andata bene, con la Lazio gli è andata male. Che fare? Gilardino rientrerà tra più di un mese e nel frattempo ci sono sei partite da giocare. Risultato: a Cesena giocherà il "Tanque" Silva dal primo minuto, ma non è certo la stessa cosa. Insomma, la storia di Prandelli e Mihajlovic è diversa, le situazioni sono diverse, ed anche i traguardi. Ma... vuoi per vincere l'Europeo (Prandelli), vuoi per andare in Europa (Mihajlovic) ci vuole uno che sappia fare gol. Uno come Alberto Gilardino.