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DEMOLIRE NON AIUTA A SALVARE IL SALVABILE

di Silvia Nanni

“E’ tutto sbagliato, è tutto da rifare” avrebbe detto il buon Gino Bartali. Da fiorentino doc, ad ogni tappa persa, questa drastica ed inappellabile sentenza si abbatteva, come una mannaia, su mesi di lavoro e di sudore. I quattro schiaffi rimediati dalla Fiorentina all’Olimpico potrebbero indurre al più cupo catastrofismo e la masochistica tentazione di gettare tutto nel grande calderone della critica è dietro l’angolo. La Fiorentina, fino a tre settimane fa, era stata brava e fortunata a mascherare limiti e difetti congeniti, che molti - abbagliati dalle prestazioni - avevano relegato nel dimenticatoio. Occhio non vede, cuore non duole e, aggiungiamo, sano realismo nel cassetto. Oggi, semplicemente, alcuni nodi sono venuti al pettine e ci si accorge che a tirarli fanno un gran male. La Fiorentina, che il mese di dicembre ci consegna, è una squadra ridimensionata o, forse, più propriamente ricollocata nella sua più realistica dimensione. Le risposte giunte in questo gelido finale di autunno sono fastidiose come le folate di tramontana sul collo ma, onestamente, non profumano di sorprendente novità. Montella ha dato gioco ed identità ad un gruppo totalmente nuovo e rivoluzionato ed i risultati, da sempre miglior carburante per la testa e le gambe dei giocatori, hanno sortito il portentoso effetto della pozione magica di Asterix. Poi, improvvisamente, qualcosa è cambiato: infortuni, assenze e cali di rendimento hanno incrinato la corazza viola, offrendo il fianco agli avversari e alle critiche.
Ci sono giocatori dai quali è impossibile prescindere e solo i più ottimisti potevano pensare il contrario. Le assenze di Jovetic e di Pizzaro, a Roma, hanno pesato come macigni. I sostituti non sono all’altezza dei titolari, come accade in quasi tutte le squadre, e la coperta troppo corta in attacco è tornata a raggelare i bollenti spiriti viola. Tutto, se non previsto, era facilmente prevedibile e il disappunto attuale è forse esagerato, quanto fuori luogo. Quello che invece non era calcolabile, almeno a priori, era la crisi involutiva di Viviano. Quello del portiere è il ruolo più difficile nel calcio. Condannato alla solitudine dei pali vive non di continuità ma di momenti in cui è chiamato, repentinamente, ad essere presente e decisivo, senza prova di appello. A differenza dei suoi compagni non può rimediare ad un errore in una manciata di minuti. Quando il gioco è lontano le lancette del suo orologio macinano un tempo buono solo per riflettere e colpevolizzarsi. Viviano, oggi, rischia di diventare il problema nel problema….e, probabilmente, anche quello di più difficile risoluzione. Sottoposto a gogna mediatica - e bersagliato dalla tifoseria - rischia di scivolare in una crisi profonda dalla quale può essere molto difficile uscire. Non tutto in questa Fiorentina è sbagliato e non tutto è da rifare. La strada della ricostruzione, da adesso, è solo più in salita. Bruciare le tappe ha avuto il sapore del sogno, ma i sogni, si sa, muoiono all’alba. E’ giunta l’ineluttabile ora di confrontarsi con limiti e ostacoli, che non si superano demolendo. Talvolta occorre essere tanto abili da saperci costruire sopra una sorta di ponte che permetta di proseguire il cammino, in attesa che i bravi ingegneri risistemino la strada.


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