FIRENZE CROCE E DELIZIA
Giocare a Firenze può essere un’esperienza meravigliosa, tanto che non pochi calciatori, a fine carriera, hanno deciso vivere qui. Firenze sa conquistare con i suoi scorci mozzafiato, con la passione della sua gente, con i suoi ineguagliabili capolavori artistici. Negli anni questa sottospecie di Sindrome di Stendhal ha mietuto molte vittime, che hanno finito per innamorarsi di questa città bella quanto difficile. Giocare qui, però, può rivelarsi maledettamente ostico, soprattutto se le aspettative della piazza sono tante. Alle prime delusioni, la spietata e feroce Firenze ha fagocitato calciatori, allenatori e direttori sportivi, annientandoli con dissacrante ironia. Nomignoli, mugugni e malcelata ostilità hanno reso la vita difficile a molti. Firenze è esigente e intransigente…ha il palato fino in tutto e in fatto di calcio, avendone masticato di eccellente qualità, non risparmia, da massacranti strali e battute, meteore, velleitari carneadi e grandi giocatori che non si confermano all’altezza. Siamo così…incapaci di accontentarci, di sopportare le delusioni, di adottare vie di mezzo e pacati giudizi. Molto ci indispettisce, ci scontenta, ci fa perdere la poca pazienza di cui, per natura, disponiamo e che, raramente, scegliamo di centellinare. Se una cosa non ci soddisfa avvertiamo l’impellente esigenza di manifestarlo e lo facciamo ancor più volentieri se possiamo confrontarci con chi non la vede come noi. La polemica e il dividersi in fazioni rivali sono linfa vitale per i fiorentini. Anche in questa annata “benedetta” ci sono giocatori che spaccano la tifoseria. Viviano è il portiere tifoso da cui ci si aspetta il miracolo e, visto che al momento non ne ha compiuti, da alcuni è posto sulla graticola. Difficile essere profeta in patria, ma qui è mestiere praticamente impossibile. Firenze sa essere severa con i suoi figli naturali come se condividere il DNA fosse un aggravante e non fattore di cromosomica benevolenza. La storia è piena di fiorentini schiaffeggiati e puniti da una città che sa trasformarsi in madre inflessibile, capace di mandare in esilio e condannare all’oblio il sangue del suo sangue. E nemmeno con i figli adottivi sa essere accondiscendente. Jovetic è il top player dalla soglia del dolore troppo bassa: troppo lunghe le sue assenze per infortuni, tutto sommato, leggeri….e, quindi, classificabili come mal digeriti forfait. La maglia viola qui è vissuta come un privilegio…molti giocherebbe anche su una gamba sola pur di indossarla e le reiterate indisponibilità si rivelano scarsamente accettabili. Ecco, allora, che si sprecano i sussurri, i mugugni e le frecciatine tipicamente fiorentine ironiche e pungenti. Il montenegrino “ha la bua”, usando volutamente il sostantivo riservato ai bambini che hanno male, o, peggio ancora, è un “fico lesso” ossia uno che per ogni fatica si ammala e che ha paura di tutto. A Firenze raramente ci si trova tutti d’accordo. Ci sono tante sfumature di gradimento e di insoddisfazione e ognuno si sente in diritto di manifestarle, senza pensare troppo alle conseguenze. Chi gioca qui deve imparare a prendere le misure ai fiorentini, per riuscire a giocare in una piazza che può essere croce e delizia di qualsiasi calciatore.