L'IMPORTANZA DI NON ESSERE SOLO UNA SQUADRA
Si è chiuso il 2012 della Fiorentina al Franchi. La vittoria contro il Siena è stato il regalo perfetto, confezionato dagli uomini di Montella, per accomiatarsi dal proprio pubblico. Il dono più grande, però, che i fiorentini si son ritrovati sotto l’albero è una squadra rinnovata, non solo nelle potenzialità tecniche, ma, soprattutto, nell’animo e nel carattere dei suoi componenti. Firenze si gode i suoi ragazzi che non sono solo bravi nel possesso palla e nell’esprimere un calcio bello, totale e avvolgente. Sulle rive dell’Arno si respira un’aria nuova, che profuma di buono come i dolci delle feste, e che è figlia del clima che si è venuto a creare nello spogliatoio. Il calcio, si sa, è sport di squadra impreziosito dagli acuti delle eccellenze. Se, però, non c’è armonia e coralità c’è il rischio che anche i bravi solisti finiscano per steccare. Il gruppo è garanzia di forza e compattezza. E’ l’orchestra che esalta le doti dei singoli, ma anche lo scudo che protegge ed aiuta chi è in difficoltà. Esemplare, in questo senso, è stato l’atteggiamento di domenica nei confronti del Pek. Un lutto gravissimo - e tremendamente prematuro - si è abbattuto sul centrocampista cileno. Le parole, in certe circostanze, non bastano: tutto diventa maledettamente retorico, banale e inutile a lenire un dolore che piega in due. Pacche sulla spalla e sorrisi di compassione sono gesti sin troppo facili e, spesso, di scarsa profondità. Ci sono gesti, invece, che sanno andare dritto al cuore e che raccontano una storia di sentimenti veri. Lui, che rigorista non è, si è visto concedere l’opportunità di calciare il primo rigore che si è procurato la Fiorentina. Un piccolo regalo fatto con il cuore: un pallone sul dischetto per tirare un calcio al dolore e segnare un gol, da dedicare a chi non c’è più. Lo stupore della tifoseria è durato lo spazio di un battito di ciglia. Quella palla, a differenza di tante calciate dagli 11 metri, non ha generato la minima apprensione come se, nel suo destino, la rete fosse l’unica e possibile destinazione. E anche se gli Dei del pallone avessero voluto giocare un brutto tiro e farsi beffe dei sentimenti degli esseri umani, per l’intero stadio non avrebbe fatto alcuna differenza. La gente ha subito capito il significato di quella scelta e l’ha accettata e condivisa a prescindere. Ci sono cose nella vita che valgono molto più di un gol. Ci sono attimi irripetibili che esulano dal risultato di una partita, ma che possono cementare un gruppo più di mille passaggi e collaudati schemi. La Fiorentina ha dimostrato di essere molto di più di un amalgama di professionisti: è un gruppo di uomini che possono sostenersi ed aiutarsi a vicenda. Ora dovranno essere bravi a dare una mano a Viviano ad uscire dal momento non facile che sta vivendo. Ognuno, si sa, è artefice del proprio destino ma la fiducia dei compagni e la spinta che può dare il gruppo, spesso, consentono miracolose guarigioni.