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LA MAGIA DEL CALCIO E I SUOI EROI DI GIORNATA

di Silvia Nanni

Non sarà, forse, lo sport più bello del mondo ma, sicuramente, è fra i più imponderabili e questo gli conferisce un invidiabile appeal. Le sue trame e i suoi risvolti sono così imprevedibili che non si può che rimanerne stregati. Una partita di calcio, talvolta, regala la sensazione di navigare in mare aperto. Basta un colpo di vento, un’onda malandrina o una prepotente corrente e tutto, nel bene o nel male, cambia nel giro di pochi minuti. Il calcio blandisce e punisce, a sua discrezione, condannando il tifoso ad una costante altalena di sentimenti ed emozioni. Tiene incollati fino al triplice fischio finale, senza nemmeno far capire se si sta vivendo una gioia oppure un’agonia. Il calcio è una divinità spietata: non basta giocare bene. Essere belli non è sufficiente e la Fiorentina ne sa qualcosa. Il Dio del pallone non ama i narcisisti, quelli che si specchiano troppo per compiacersi della propria immagine; pretende cinismo e concretezza altrimenti, con ghigno feroce, ti beffa, sul filo di lana. Domenica la Fiorentina è stata tutt’altro che bella. Ad onor del vero, va riconosciuto che non è stata neppure concreta, ma il calcio ha deciso di scrivere per lei il suo imprevedibile copione: dalle stalle alle stelle con biglietto di sola andata. Quando gli attesi e scontati protagonisti latitano e deludono, ecco la magia del pallone: quella capace di creare dal niente l’eroe di giornata…il re per un pomeriggio. Il calcio - e a Firenze lo sappiamo bene -  ha l’innato potere di accendere le luci dei riflettori su emeriti Carneadi, come di sbugiardare un pubblico rumoroso, scontento e dileggiante, godendo nel vederlo recitare un tardivo mea culpa. Così è accaduto nel secondo tempo al Franchi, quando è scoccata l’ora di Larrondo, l’attaccante di gennaio, il cui arrivo ha fatto storcere il naso a tanti. Come il gatto con il topo, il calcio si è divertito a giocare con i tifosi della Fiorentina. Prima ha fatto di Larrondo il protagonista in negativo con un gol divorato che gridava vendetta poi, calando un insospettabile asso nella manica, lo ha messo al posto giusto al momento giusto. Un po’ di ingredienti a caso nel calderone della gara: casualità, cecità del guardalinee, una semplice sponda, la palla che rotola in rete e il gioco è fatto… tutto si sovverte, tutto si trasforma. Rabbia e sarcasmo, come d’incanto, si sono dissolti. Le battute e gli improperi si son strozzati in gola, in virtù del potere taumaturgico del gol, che monda da ogni precedente peccato. Questo è il calcio: uno sport, folle e geniale, in cui l’uomo più insospettabile e bersagliato può trasformarsi nel salvatore della patria e una partita brutta e incolore regalare una dolce domenica. Solo il pallone sa compiere simili miracoli, con l’avvertenza che il suo umore è mutevole e bizzoso e, quindi, dopo tanta grazia è bene attrezzarsi con mezzi propri, perché fra una settimana nessuno può sapere a chi deciderà di strizzare l’occhio.


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