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QUEL MOTIVO IN PIÙ PER BATTERE IL DIAVOLO

di Silvia Nanni

Fiorentina - Milan non avrà più – come si era a lungo accarezzato - il dolce sapore della sfida Champions. Nella trasferta pre pasquale in Sardegna son naufragate le ambizioni e i sogni di una città intera.
Se l’Europa di lusso, quella ricca e scintillante, è ormai utopia, c’è sempre la sorella minore, per quanto sfiancante e meno remunerativa, da conquistare.
La partita di domenica contro il Diavolo offrirà, oltre ai punti necessari per salire sul treno che porta in Europa League, un motivo in più per scaldare il popolo viola.
Torna a Firenze, per la prima volta da avversario, Riccardo Montolivo e la città lo aspetta al varco, cullando l’idea di fare, soprattutto a lui, uno sgambetto.
Dopo anni, il sentimento nei suoi confronti è, ormai, decisamente univoco e condiviso.
In maglia viola ha diviso, come pochi prima di lui, in detrattori e sostenitori.
La piazza si è spaccata fra chi lo riteneva un campione e chi, invece, lo accusava di essere promessa tanto attesa e mai definitivamente sbocciata.
La sua storia in viola si riassume in tante critiche, lunghe attese e risicati elogi.
Per molti è sempre stato troppo morbido, troppo poco cattivo, troppo poco leader, troppo poco determinante…
Come capitano, alla fine della sua esperienza, è stato rinnegato e declassato per il coraggio di aver palesato i propri dubbi e le proprie intenzioni. Senza entrare nel merito delle sue decisioni professionali, gli va riconosciuto di aver scelto il percorso più difficile: quello di non nascondersi dietro le rituali frasi di circostanza di chi sa già del proprio destino, ma preferisce celarlo per non indispettire la piazza.
Ha giocato le ultime partite portandosi sulle spalle una croce coscientemente voluta e nella sua personalissima Via Crucis, in cui si era trasformato il Franchi, non gli son stati fatti sconti. Voleva la grande avventura, voleva le emozioni forti dei grandi palcoscenici internazionali e il tonfo del Milan al Camp Nou di qualche settimana fa, ha fatto gongolare Firenze ai limiti della sbornia.
Questa città vive di sentimenti forti: l’indifferenza non le appartiene a livello cromosomico.
Eccede – e spesso esonda - nel bene e nel male, dispensando amore e ostilità in dosi da cavallo. Gli ex che son tornati al Franchi hanno raccolto sempre quello che hanno seminato.
Talvolta Firenze si è piegata ad un forzato addio. Ha osservato, ammutolita e attonita, le partenze dei suoi figli più amati, sacrificati sull’altare del bilancio e, quando le strade si sono incrociate nuovamente, li ha salutati con affetto e riconoscenza.
Per altri, invece, lo strappo è stato talmente lacerante e indigeribile nei modi e nelle motivazioni che lo stadio ha riservato solo bordate di fischi: un urlo assordante, capace di cancellare ogni ricordo di un passato che non meritava di essere ricordato.
Montolivo non è mai stato troppo amato e Firenze è talmente orgogliosa da non voler fare prigionieri, ma quel “parametro zero”, beffarda eredità lasciata dal giocatore alla Società, brucia come una ferita che non accenna a rimarginarsi.
Il non aver portato un euro nelle casse societarie olezza di ingratitudine nei confronti di una città intera e di una maglia: è uno schiaffo imperdonabile, un addio arido e avaro che grida vendetta.
Montolivo domenica si troverà a giocare una partita dentro la partita.
I suoi più agguerriti avversari non saranno gli 11 in campo, ma il dodicesimo uomo che, seppur dagli spalti, lo marcherà in maniera asfissiante e massacrante. Firenze si giocherà la sua personalissima gara nei confronti di chi l’ha tradita in campo ma, soprattutto, fuori con quel rifiuto senza indennizzo, che questa città vive come un’onta che solo i 3 punti potranno lavare.