UNA SCONFITTA CHE LASCIA TANTI DUBBI E UNA SOLA CERTEZZA: LA DEA È DI UN'ALTRA CATEGORIA

25.04.2024 13:00 di  Niccolò Righi   vedi letture
UNA SCONFITTA CHE LASCIA TANTI DUBBI E UNA SOLA CERTEZZA: LA DEA È DI UN'ALTRA CATEGORIA
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Il giorno dopo fa sempre più male. Smaltita l'adrenalina, la rabbia e le emozioni, resta la delusione. Restano i dubbi. Restano le domande. Oggi è il tempo del processo: c'è chi parlerà di un Terracciano poco reattivo in occasione della prima rete, chi invece contesterà lo sciagurato rimpallo di Mandragora che ha mandato in porta Koopmeiners, chi addirittura andrà ancora più a ritroso e se la prenderà con il prevedibile dribbling tentato da Nico Gonzalez e arginato facilmente da Kolasinac, che ha dato il via al contropiede orobico. C'è chi tirerà la croce addosso a Milenkovic, la cui espulsione è sembrata la spada di Damocle pronta a cadere in testa ai viola. Tutti, dopo quell'episodio, abbiamo avuto la sensazione che la gara fosse irrimediabilmente compromessa. Bisognava capire solo quando sarebbe successo. C'è chi sarà arrabbiato con i vari Biraghi, Dodò, Beltran, Kouamé, Belotti e, ovviamente, con Vincenzo Italiano e il suo modo di giocare propositivo in tutti i modi e a tutti i costi, anche quando la logica, il buonsenso e il cronometro suggerirebbero un altro tipo di approccio. C'è anche chi sarà capace di dire qualcosa al giovane Pietro Comuzzo per una marcatura non particolarmente efficace sul colpo del ko finale inferto da Lookman. Dimenticandosi che il classe 2005 prima di ieri aveva giocato tra i professionisti soli 102 minuti (di cui 99 in due partite, contro Cukaricki e Frosinone, terminate 6-0 e 5-1, insomma non il massimo delle responsabilità, per intenderci). Sono tutte riflessioni giuste e lecite

L'ATALANTA È SUPERIORE - All'indomani di una partita che ha messo definitivamente in chiaro quanto al momento, sportivamente parlando, ci siano diverse categorie di differenza tra Atalanta e Fiorentina, l'interrogativo più grande è proprio questo: com'è stato possibile creare un così grosso divario tecnico tra due squadre che poco più di 10 anni fa non giocavano neanche contro perché i bergamaschi erano in Serie B? Perché la Fiorentina dipende da un claudicante Jack Bonaventura prossimo ai 35 anni e la Dea si può permettere di tenere in panchina centrocampisti come Pasalic, perché il titolare è Koopmeiners che in stagione ha segnato poco meno di tutto l'attacco gigliato, ad esclusione di Nico? Perché, come scritto dal nostro Luca Calamai all'interno del proprio Editoriale (CLICCA QUI), a giugno, dopo i vari Piatek, Cabral e Jovic, si è deciso di puntare su Nzola mentre a Sassuolo, quando vendemmo Vlahovic incassando 70 milioni, giocava un certo Scamacca? Perché a gennaio, con una difesa già particolarmente corta, si è scelto di mettere in rosa l'ennesimo terzino destro e non un centrale di sicuro affidamento alla Hien? 

UN FINALE DI STAGIONE CHE PUÒ ESSERE GARANZIA PER IL FUTURO - La crescita della Fiorentina passa soprattutto dalla risposta a questi quesiti. La prossima estate sulle rive dell'Arno si prospetta l'ennesima rivoluzione: Italiano se ne andrà, così come probabilmente farà Burdisso. Insieme a loro, chi per un motivo, chi per un altro, saluteranno anche diversi giocatori. Insomma la sfida sul piatto della dirigenza gigliata c'è, va soltanto capito come volerla affrontare. La stagione però non è ancora finita, la finale di Coppa Italia tra Atalanta e Juventus sancisce definitivamente che, salvo clamorossissimi colpi di scena, l'ottavo posto (distante due punti, con una gara in meno) varrà l'accesso alla Conference League. Aprire un nuovo ciclo sarà un compito complesso, farlo con la sicurezza di un posto in Europa alleggerirebbe il carico. Per non parlare di un trofeo internazionale da poter esporre dentro una teca al Viola Park.